"Inutile prolungare l'agonia di Mazzarri". Recitava così la prima parte del titolo del mio ultimo editoriale, pubblicato da FcInterNews.it alla mezzanotte di martedì scorso. Ma sinceramente non pensavo che l'esonero arrivasse due giorni dopo, tanto meno che si concretizzasse il clamoroso ritorno a casa di Roberto Mancini. "E l'interismo sta scomparendo", formava la seconda parte di quel titolo, contestata anche duramente da molti lettori che ringrazio comunque per la partecipazione.

Riconosco di aver fatto ricorso a una piccola forzatura giornalistica per lanciare l'allarme. Lo stadio semivuoto dell'ultimo periodo e i commenti quotidiani sui social relativi allo scarso entusiasmo nel guardare le partite dell'Inter, a prescindere da vittorie, pareggi o sconfitte, non potevano passare inosservati. Detto questo, vado controcorrente e mando un saluto a Walter Mazzarri, augurandogli di ritrovare presto una squadra che sia adatta al suo modo di vedere il calcio. Questa squadra non era l'Inter, i suoi tifosi non potevano essere quelli nerazzurri. Si volta pagina, dunque.

A Milano è tornato chi invece ha saputo sposarsi perfettamente con il complicato dna interista ed è stato artefice di tre scudetti consecutivi, due coppe Italia e due supercoppe italiane dopo troppi anni di digiuno e non sempre per colpa nostra. L'ambiente ha ricevuto una scossa fortissima, sabato scorso la sala stampa della Pinetina, in occasione della presentazione del Mancio, si è dimostrata improvvisamente troppo piccola. Solo posti in piedi per il figliuol prodigo ormai cinquantenne, ma con la faccia dell'eterno ragazzo. L'operazione condotta dalla società ha smentito chi ormai pensava a un club senza appeal e teso solo a far quadrare i conti per non incorrere negli strali dell'Uefa in ossequio al Fair Play Finanziario.

Non sappiamo ancora se Roberto Mancini farà bene o male, sappiamo però che in Italia è tornato un vero Top Player per quanto riguarda la categoria degli allenatori. Mancini ha vinto ovunque sia andato e ha conquistato la Premier League, il campionato più importante e affascinante del mondo. Quale miglior ambasciatore quindi per esportare l'immagine dell'Inter in quei mercati dove attualmente il pallone parla inglese e non certo italiano? Applausi quindi a Erick Thohir, al ceo Bolingbroke, a Piero Ausilio, a Marco Fassone, per aver saputo in così breve tempo chiudere un'operazione che ha riportato l'Inter in prima pagina, come blasone impone.

Altri applausi li riserverei anche a Massimo Moratti. L'ex Presidente ed ex Presidente onorario, ma ancora detentore del 30% del pacchetto azionario nerazzurro, non è un mistero che stia vivendo male la svolta storica peraltro da lui stesso provocata. Ma l'Inter rimane la sua seconda pelle e quando Moratti ha deciso di “sparare” su Mazzarri a margine dell'assemblea dei soci, il nuovo scenario ha preso corpo. Con uno sviluppo molto morattiano, quello dei tempi migliori. Creare entusiamo, vincere, ripopolare il Meazza. Sabato scorso il Mancio ha ripetuto più volte i suoi desideri e subito si è messo al lavoro. Anche se pioveva. Sul campo non ha più trovato i vari Ibrahimovic, Maicon, Julio Cesar, etc etc. Ma non si è scomposto, ha mostrato il solito entusiamo e la solita personalità nell'insegnare a giocatori che ritiene comunque competitivi i movimenti del suo credo calcistico. Difesa a quattro il caposaldo, poi tocchi veloci e movimenti senza palla per andare a segnare, perchè se non si mette la palla in rete non si vince.

A gennaio non arriverà Cristiano Ronaldo, ma se Mancini ha accettato di tornare nerazzurro, avrà avuto ampie rassicurazioni sullo sviluppo di un progetto importante. Intanto si contano le ore per tornare a vederlo in piedi, davanti alla nostra panchina a guidare con l'immancabile sciarpa nerazzurra e un ciuffo meno sbarazzino e più maturo la sua Inter. Avverrà domenica sera, nel derby, che si disputerà per calendario in casa Milan, ma la “Nord” nerazzurra sarà imponente come se si giocasse al “Meazza”, ossia a casa nostra. Loro hanno paura, lo sappiamo e la cosa già un po' ci fa godere. È tornato Roberto Mancini, è tornata l'Inter dei bauscia.

Ansia e depressione calcistica abbandonate nel giro di pochi giorni. Poi, come sempre, sarà il campo a parlare. Ma finalmente “riascoltiamo” la voglia di Inter e di bel gioco. Per la vittoria non basta che aspettare. Magari solo quattro giorni. Nella sfida che, per il vero interista, esula da calcoli e classifiche. Domenica sera luci a San Siro, anzi al “Meazza”.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 19 novembre 2014 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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