Probabilmente non basterebbe un mese di editoriali per trovare la spiegazione corretta, quella più lineare. La motivazione che possa riassumere al meglio il tutto. E non è detto che poi queste possano arrivare (sarebbe troppo facile). Domanda chiara, diretta: perché l'Inter manca dalla Champions League dal lontanissimo 13 marzo 2012? Da quel momento, giorno del ritorno degli ottavi contro un Olympique Marsiglia sicuramente alla portata, il nulla. Il deserto, calma piatta.

Anzi, qualcosa da sottolineare in termini europei ci sarebbe, ovvero le tante (troppe) uscite a vuoto in Europa League passate alla storia (perlomeno quella recente) come incredibili. Per ora meglio sorvolare su un torneo incomprensibilmente snobbato, quasi fastidioso. "Si fa tanto per raggiungerlo, altrettanto poi per uscire già ai gironi", verrebbe da dire. Ma tant'è... Tornando invece alla competizione che conta e al quesito posto, si tratta di un campo forse minato. Una bella domanda. Tanto bella, intrigante, forse affascinante e tutta da esplorare, quanto dalla difficile risposta, di ardua interpretazione. Per l'appunto, quasi impossibile riassumere tutto in un solo articolo.

Non vorrei soffermarmi più di tanto sulle scelte di Massimo Moratti nell'immediato post-Triplete. Pensando e analizzando a posteriori, sarebbe stato logico e forse vincente cedere alcuni prezzi pregiati dopo la finale di Madrid, ma posso comprendere la volontà del presidente, che in quel momento decise di andare avanti con quel gruppo. Un po' logoro, questo sì, ma ancora grande (e con Leonardo si è visto). Non erano calciatori finiti. Semplicemente, avevano dato il massimo sotto la gestione José Mourinho, ma qualche 'cartuccia da sparare' c'era ancora.

Preferirei quindi spostare l'attenzione su una grande e grave lacuna che ha creato tantissimi problemi negli ultimi anni, al contrario di una Juventus (sì, si parla sempre di loro. Giusto così, applausi) che proprio partendo da questo concetto ha creato le basi per i grandi successi dal momento dell'arrivo di Antonio Conte in poi: la società. Ed è qui che a Milano hanno peccato. In modo palese, evidente.

Dopo la cessione della maggioranza a Erick Thohir è stato un insuccesso dietro l'altro. Quasi impossibile trovare un punto a favore del tycoon indonesiano, se non la velocità e l'astuzia nel trovare un acquirente tanto potente come Suning Group e di chiudere la trattativa in tempi stretti. In pratica, nel silenzio. Stop. Per il resto tanti dubbi, vari misteri, poca sicurezza mostrata alla guida di questo club. Sin da subito si è capito che la sua presenza sarebbe stata solo di passaggio. E i risultati sono (anche) le specchio delle sue azioni.

Presenza rara in Italia e ormai prossimo all'addio (probabilmente tra la fine di giugno e l'inizio di luglio), in estate è stato l'artefice del disastro sportivo della squadra. L'addio di Roberto Mancini è il frutto del suo comportamento, con tante colpe da dividere con Michael Bolingbroke, ex amministratore delegato la cui figura è stata per certi versi misteriosa durante il periodo interista. Per non parlare della scelta di Frank de Boer, tecnico preparatissimo che stimo tuttora (al quale auguro di prendersi al più presto una grande rivincita), ma che è stato catapultato in una realtà troppo lontana e diversa rispetto alle sue idee di calcio: la prima vittima nell'aver accettato è stato proprio lui (anche se comprendo quanto possa esser difficile declinare una chance del genere).

Considero tutto ciò una grande assurdità: come possibile che una figura che non gode della maggioranza e che, soprattutto, era e resta in uscita possa aver avuto così tanto potere decisionale a tal punto da portare un tecnico come il Mancio (una certezza al netto di tutti i cambiamenti che erano e restano in corso) all'addio? Incredibile. Probabilmente, anzi, sicuramente il coach di Jesi aveva capito tutto. Anche quando fu liquidato Marco Fassone, prossimo amministratore delegato del Milan fatto fuori proprio per lasciar maggior margine al dirigente londinese ex Manchester United. Mah...

Continuo a pensare che l'ex Napoli e Juventus sia un ottimo dirigente (e brava persona, che non guasta) che ho apprezzato durante i suoi anni all'Inter, nonostante le tante difficoltà. Lo stesso Mancini ne ha parlato di recente, spendendo ovviamente parole positive nei confronti di una figura che ad Appiano Gentile si è adoperata anche sul mercato, pur non essendo il suo campo. Qualche interista (probabilmente senza conoscere quello che ha fatto) è stato fin troppo superficiale nei suoi confronti, preferendo sottolineare il suo passato piuttosto che quello che ha portato e che avrebbe potuto garantire anche oggi, ancor di più in una società che ha aperto al mondo cinese e internazionale. Servirebbe ancora, eccome servirebbe.

L'auguro è che a fine stagione i vertici riescano a individuare un top manager. Italiano, preparato e che conosca il nostro calcio. Da affiancare a Piero Ausilio, anch'egli al centro della critica in questo momento. Continuo a considerare l'attuale ds competente, sveglio, preparato e meritevole di rinnovo, ma penso sia controproducente che debba adoperarsi anche in altri contesti. Non deve essere per forza lui la persona in copertina, quella chiamata a metterci la faccia, sprecando tempo ed energie per compiti che esulano dal mercato (quante volte parla il collega bianconero Fabio Paratici?). Talvolta ci può stare, ma non deve essere routine.

Chiudo con ottimismo, perlomeno ci provo. La nuova proprietà ha capito già tante cose: la presenza fissa a Milano di Steven Zhang non è casuale. Soluzione positiva, ma comunque non sufficiente per risolvere quelle lacune appena considerate. La volontà di andare su un grande allenatore è un ulteriore punto in loro favore (il top attira i campioni, è la realtà. Questo deve essere il passo centrale, determinante. Non nascondiamoci dietro a un dito), e penso positivo immaginando un grande dirigente insieme a quelli già presenti. Con Thohir in uscita. Ha fatto il suo tempo.

Ora spazio solo ed esclusivamente a Suning e a una grande realtà. Tanto sul campo (basta ai giocatori che con il nerazzurro non hanno nulla a che fare) quanto in società. Perché resta incredibile, pazzesco, assurdo che l'Inter non ascolti quella 'musichetta' dal lontanissimo 13 marzo 2012. Cinque anni, sei con il prossimo.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 13 aprile 2017 alle 00:00
Autore: Francesco Fontana / Twitter: @fontafrancesco1
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