Questo editoriale rimarrà sui vostri schermi tutta la giornata di oggi, per cui anche ben oltre il triplice fischio dell’evento più atteso dai tifosi di Inter e Milan, forse anche ben oltre le vacanze pasquali: il derby della Madunina, infatti, avrà il suo via in un orario inedito e inusuale, ma che a quanto pare potrebbe diventare presto la prassi: le 12.30, per cui sarà una stracittadina da godersi a tavola, prestando attenzione a non farsi andare il pranzo di traverso qualora le cose non dovessero andare nel verso giusto. E a proposito di quest’orario, come risuonano lontane le grida di indignazione per un orario che avrebbe inevitabilmente sconvolto quelle che erano le abitudini degli avventori allo stadio, costretti a stravolgere orari, tabelle di marcia, pernottamenti, alcuni anche terrorizzati dall’idea di dover rinunciare a fare la spesa pre-pasquale. 

E invece, arrivano alla vigilia dati da urlo: tutto esaurito annunciato da giorni, incasso preventivato da oltre 4 milioni di euro e record assoluto di cassa, peraltro raggiunto nemmeno troppi mesi fa, praticamente disintegrato, e una platea televisiva che sfiorerà i 900 milioni di spettatori, con 39 broadcaster interessati a livello internazionale, di cui 550 milioni pronti a sintonizzarsi direttamente dalla Cina. Insomma, sarà un derby ora più che mai planetario, e quindi diventerebbe quasi ridondante limitarsi alla semplice analisi delle motivazioni e agli appelli della vigilia, perché comunque è ben chiaro che l’Inter arriva a questa sfida vivendola come la prova d’appello per salvare la stagione ed evitare il naufragio, e ogni parola, visti anche i lassi temporali di questa giornata particolare, risulterebbe vana. Quello che invece è giusto sottolineare, prima del fischio d’inizio di Daniele Orsato, è un altro aspetto, probabilmente il più importante. 

Si è fatto cenno poco prima ai 550 milioni di tifosi che guarderanno questo derby dalla Cina: platea delle grandi occasioni alla quale arriva la dedica speciale della programmazione che per loro coincide con la prima serata, per quello che sarà a tutti gli effetti il primo incontro della storia del calcio italiano tra due squadre di proprietà provenienti dal gigante asiatico. Perché sì, alla fine è caduto anche l’ultimo baluardo: dopo mesi di dicerie, ipotesi, nomi e contronomi, rinvii, notizie e smentite, l’A.C. Milan ha visto chiudersi l’era ultratentennale di Silvio Berlusconi e aprirsi una nuova pagina, quella del nuovo presidente Yonghong Li, cinese come Zhang Jindong, nuovo proprietario dell’Inter. La Cina si è presa il calcio milanese, una rivoluzione iniziata nel giugno dell’anno scorso con l’arrivo di Suning Group e chiusa con il comunicato di giovedì pomeriggio nel quale il club di Via Aldo Rossi annunciava la fine dell’esperienza di Fininvest e apriva le porte a Rossoneri Sport Investment Lux, la holding creata ad hoc in Lussemburgo per agevolare il passaggio di proprietà.

Il tutto è stato presentato nella conferenza stampa di ieri nella sede societaria rossonera (Suning, lo ricordiamo per dovere di cronaca, per annunciare l’acquisizione della maggioranza dell’Inter ebbe cura di organizzarne ben due, una sfarzosissima a Nanchino e l’altra a Milano dopo l'assemblea dei soci che ha ratificato il cambio di proprietà) dove, dopo la lettera di ringraziamenti letta dal nuovo presidente Li, ha preso la parola il nuovo Ceo rossonero Marco Fassone. In un contesto un po' spartano ma rimarchevole per l’ordine e la cura nei dettagli, compresa anche l’attenzione dell’oratore a non pronunciare quasi mai il nome dell’avversaria di domani, nonché società di provenienza, non sono mancati gli spunti degni di nota, dalle frecciatine sulla situazione debitoria dell’Inter, alle questioni legate allo stadio e all’idea sulla governance di Lega Serie A, fino all’emozione legata al debutto proprio nel derby e all’eventualità di vedere Roberto Mancini sulla panchina rossonera. 

Ma lo spunto migliore, forse le parole che tutti i tifosi delle milanesi avrebbero dovuto auspicare di sentire, è arrivato alla fine. Quando, interrogato sulla competizione cino-milanese con l’Inter di Suning, Fassone ha replicato augurandosi che questa contrapposizione di forze possa avere effetti solo positivi per tutti: “Dove c'è una competizione sana, le cose vanno meglio. Se ne traggono dei benefici rispetto a una situazione di monopolio. Secondo me, considerando il doppio cambiamento di proprietà sotto il quale sono finite entrambe le società milanesi, questo sarà un bene per le due squadre per tutto il calcio italiano”. Ecco, è qui che Fassone ha praticamente fatto centro.

Perché alla fine, se domani le tifoserie saranno divise sul campo dall’ennesimo capitolo della stracittadina, nel futuro prossimo interisti e milanisti viaggeranno all’unisono nel chiedere alle nuove proprietà di riportare Inter e Milan lì dove devono stare, al vertice del calcio italiano e internazionale, dove mancano ormai da troppi anni. In un calcio dove la fa da padrone la ciclicità degli eventi, una situazione burrascosa i due club l’avevano vissuta già a cavallo degli anni ’70 e degli anni ’80, prima che gli arrivi di Ernesto Pellegrini prima e soprattutto di Silvio Berlusconi e di Massimo Moratti poi riportassero la Milano rossonerazzurra a vedere nuovi orizzonti di gloria. 

Anni che ormai sembrano lontanissimi, visto che negli ultimi anni la situazione è tornata grigia con sfumature più o meno pesanti a seconda della parte da cui si vedono; rimane il fatto che ormai il campionato italiano è assoggettato alla monarchia assoluta di una società di fronte alla quale le altre nobili stellate annaspano e le altre società non riescono mai a trovare le contromisure giuste per spezzare il dominio. Una situazione che alla lunga addormenta l’interesse verso il nostro calcio, alla quale serve una scossa decisa. E criticare con improbabili tesi campanilistiche o ‘complottistiche’ Carlo Tavecchio quando questi sottolinea la gravità dell’assenza delle milanesi dall’élite vuol dire guardare il dito e non la luna: Inter e Milan sono due squadre e insieme due brand di livello mondiale, e al di là degli errori compiuti negli ultimi anni dalle due società, la loro mancanza dai grandi palcoscenici alla lunga rappresenta un danno per tutto il sistema calcio. Che piaccia o no.

E allora, giusto che Inter e Milan quest’oggi rivaleggiano e combattano fino all’ultimo sangue per conquistare la vittoria sul campo, in una gara dai risvolti decisivi per le speranze europee dell’una come dell’altra. Ma da domani, entrambe devono costruire un nuovo percorso, che le riporti a respirare profumo di gloria e a riprendersi quel ruolo di primo piano abbandonato da troppo tempo. Un percorso che contempli i passi che ritengono giusti, siano l’arrivo di nuovi grandi giocatori, la costruzione di un management di primo livello oppure una decisione secca e condivisa sulla questione stadio (francamente, opinione personale, non sarebbe una brutta idea se il Milan accogliesse l’invito del tifoso Roberto Maroni e riprendesse il progetto dell’impianto al Portello, pur con tutte le difficoltà burocratiche che ciò comporterebbe). Quello che conta è che tutto sia fatto perché Milano torni a essere una Milano da vincere. E da gioire. 

 

Sezione: Editoriale / Data: Sab 15 aprile 2017 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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