Negli ultimi giorni a più riprese tutti i tesserati nerazzurri, dal presidente Thohir in giù, hanno esposto il proprio pensiero a proposito dei fischi che sono piovuti copiosi in occasione delle ultime uscite dell'Inter da parte dei propri tifosi. In breve, per i pochi che si fossero persi le dichiarazioni, ognuno invitava a sostenere la squadra per tutto il corso della gara per poi limitarsi a fischiare solo in caso di prestazione negativa e non preventivamente come accaduto, ad esempio, contro il Cagliari.

Chiunque paghi per un biglietto è libero di esprimere il proprio pensiero allo stadio, ma alle volte si esagera facendosi trascinare dall'ambiente e tralasciando, magari, la prima caratteristica di un tifoso: quella di supportare la squadra. I tifosi nerazzurri pare si siano fermati al 2010, rimanendo convinti che le situazioni economiche e tecniche siano rimaste quelle e che la mancanza di successi di questi anni siano da attribuire all'incompetenza di determinate figure, in primis quella dell'allenatore. Sicuramente l'Inter non sta disputando gare eccezionali dal punto di vista del gioco, ma continuare a fischiare a prescindere dal risultato non rende certamente agevole il compito alla squadra. In questi due anni nelle 22 partite giocate a San Siro l'Inter ha vinto solo 10 volte, per rendere il concetto ancora più comprensibile, sui 66 punti disponibili in casa dall'anno scorso ad oggi, i nerazzurri ne hanno raccolti 39. L'effetto dodicesimo uomo di cui godono molte altre squadre in Serie A, per il Meazza non vale.

La Milano nerazzurra, come già accennato, pretende da tutti coloro i quali si accomodano sulla panchina la vittoria sempre e comunque, concedendo loro pochissimo margine di errore, a meno che non si crei un'empatia tale da consentire all'allenatore di perdere ripetutamente senza veder minimamente intaccata la stima nutrita per lui. Purtroppo, però, il 2010 è passato: la società, intesa in gergo tecnico, deve mettere a posto i buchi in bilancio che avranno sì condotto alle vittorie, ma che non potevano essere più sostenuti per non incorrere in sanzioni stile PSG o Mansour City (Manchester City, ndr); i giocatori che si sono succeduti, ivi inclusi quelli reduci dal Triplete, o non erano fisicamente pronti per tornare su quei livelli straordinari o non erano all'altezza delle aspettative; gli staff tecnici, al netto dei propri errori e carenze, hanno pagato, chi più chi meno, la fame di vittorie generatasi nel tempo, finendo tutti con un'implosione che ha portato fino al nono posto della stagione 2012/13. Mazzarri, e questo è un dato statistico che più volte viene tralasciato, è il primo allenatore dell'Inter post-Mourinho a iniziare due stagioni sulla panchina nerazzurra, ma questo ai loggionisti che frequentano San Siro sembra dare fastidio, invece che tranquillità e fiducia in un progetto tecnico di lungo corso.

È vero, Mazzarri non è un trascinatore di folle, secondo alcuni non ha il carisma per guidare l'Inter per via delle frequenti giustificazioni di cui si fa scudo per giustificare i risultati negativi, ma in un periodo di rifondazione come quello che sta vivendo l'Inter, dato innegabile considerato il cambio di proprietà avvenuto un anno fa, serve semplicemente continuità e fiducia da parte di tutti per far sì che una squadra possa rendere di più di quanto si possa prevedere. Si prenda ad esempio la Juventus del primo anno di Conte. Al netto del gol di Muntari e di qualsiasi altro episodio favorevole, aveva sempre l'appoggio di tutti i tifosi e in casa, grazie al dodicesimo uomo in campo invocato venerdì da Thohir, ha fatto quasi sempre bottino pieno al punto da arrivare a fine torneo in testa al campionato, davanti al Milan di un Ibrahimovic che prima di allora aveva sempre vinto il titolo.

Sicuramente dopo quello che è successo nelle ultime uscite l'Inter non può più pensare di ambire al tricolore, già difficile in partenza, ma adesso bisogna fare quadrato attorno alla squadra. Occorre far sentire la vicinanza ai giocatori che scendono in campo per far capire loro che San Siro non è uno stadio ostile, ma “lo” stadio amico. Le emozioni che può regalare un San Siro festoso non le può regalare alcun altro stadio in Italia e solo pochissimi altri al mondo. Per poterlo fare, però, i tifosi devono mettere da parte i dissapori personali verso i singoli, perché quello che conta è il risultato dell'Inter. Prima arrivano i risultati, poi con fiducia e tranquillità acquisite arriverà anche il gioco. Non è fischiando che si aiuta la propria squadra nei momenti di difficoltà. Teniamolo a mente, a partire da stasera.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 19 ottobre 2014 alle 00:00
Autore: Gianluca Scudieri / Twitter: @JeNjiScu
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