Nemmeno il derby di Milano, condannato alla disputa dopo la sosta dedicata alle Nazionali, è riuscito sfuggire da quel limbo spaventoso in cui finiscono le che vengono 'giocate' in altri luoghi che non siano il rettangolo verde per ingannare l'attesa spasmodica della messa in scena reale.
Senza l'erba e quel profumo del campo che solo chi è stato allo stadio sa che è il più gradevole al mondo, l'odore che ha invaso le narici di milioni di appassionati è quello della carta. Il foglio bianco sul quale si possono proiettare tutte la fantasie che l'immaginazione può partorire. Persino un pagina intestata con la dicitura 'secondo posto assicurato' con lo spazio apposito in cui apporre la propria firma. Una situazione di fronte alla quale, per gioco, si è trovato di fronte proprio Luciano Spalletti, tecnico dell'Inter, che non senza imbarazzo ha illustrato così la sua scelta: "Firmerei sicuramente, ma ho detto che è troppo facile così. Però è chiaro che c'è bisogno di sostanza e di non sentirsi tranquilli perché nessuno ti regala niente".

Ecco, appunto, la certezza dell'obiettivo messo in banca, pur ambizioso per le aspettative di questa squadra, vale infinitamente meno se confrontato alla status da terza incomoda che Icardi e compagni devono guadagnarsi attraverso il viaggio di un campionato pieno di insidie. La prima delle quali arriva puntualmente domenica, quando il Milan darà battaglia per sentirsi di nuovo vivo in chiave Champions e al contempo vorrà minare le certezze faticosamente costruite in questi tre mesi dai cugini. E il dato curioso, senza ombra di dubbio, è che la stracittadina meneghina arrivi in un momento in cui i valori attribuiti attraverso le pagelle del mercato estivo sono stati completamente sovvertiti. Fino al capitombolo dei montelliani con la Lazio, infatti, la sensazione diffusa era che le due sponde del Naviglio si fossero sensibilmente avvicinate quasi a combaciare alla voce 'cifra tecnica'; storia strana, stranissima, se si pensa che l'anno scorso fu il Diavolo a precedere di un punticino la Beneamata, teoricamente e sinceramente meglio attrezzata degli avversari cittadini.
Il resto è storia: rivoluzione senza precedenti in anni recenti in via Aldo Rossi, con undici giocatori messi a disposizione del vecchio tecnico; restaurazione  -ponderata per le note vicende – in Corso Vittorio Emanuele II, con appena sei giocatori acquistati, ma per un allenatore nuovo di pacca. Se si nota bene, anche dopo due settimane di discussioni sul nulla cosmico attorno alla partita più sentita dell'anno all'ombra del Duomo, viene impossibile parlare di favorite, più che mai adesso che – al netto degli umori opposti e della classifica – anche solo gettare addosso la croce della formazione eletta alla vittoria apparirebbe fatale per ciascun delle due compagini.

A questo passatempo stucchevole, appropriato solo tra tifosi che giustamente si aggrappano anche alla superstizione, è preferibile da sempre il responso del campo. Che poi, spesso, viene confuso con il risultato. Un errore che rischia di perpetuarsi fino alla prova contraria, quella che l'Inter rifugge e che il Milan brama per completare il colpo gobbo fuori casa. In ogni caso, sempre stando alle parole degli attori protagonisti, non sarà una sfida decisiva, ma "La verità è che – Samuel dixit - vale almeno un mese di campionato, in un senso o nell'altro". Non sembra poco per due squadre che misurano i punti in conquista del Tempo, valuta corrente del capoluogo lombardo in ambito calcistico. Ecco perché, a San Siro, domenica prossima, converrà farsi amico Cronos travestito da 'tre punti'.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 12 ottobre 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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