Cristiano Ronaldo non esiste. L'alieno che lunedì atterrerà sul pianeta Serie A indossando il bianco e il nero della Juve è un soggetto non identificato da ormai troppo tempo nel paesaggio post-apocalittico del nostro calcio. Tanto da aver provocato un raro spaesamento negli attori protagonisti italici che, ancora increduli per l'avveramento della più clamorosa delle notizie di mercato degli ultimi anni, sono stati testimoni diretti della venuta del fenomeno di Funchal: si va dal 'più sale e più pepe' di Aurelio De Laurentiis che ha preso atto con sportività del Grand Canyon che si è scavato tra il suo Napoli e la potente Vecchia Signora a soli due mesi dal testa a testa scudetto che sembrava poter riscrivere almeno sul campo gerarchie ormai consolidate da più di un lustro. Si passa poi al Goat (greatest of all times, il migliore di tutti i tempi) con cui la Roma, attraverso il proprio profilo Twitter inglese, ha definito Lionel Messi in contrapposizione a CR7, relegato nell'eterna lotta con il dieci del Barcellona al ruolo di secondo violino dell'attuale generazione. Per finire con il silenzio assordante del Milan, l'ultimo club italiano a poter esibire un Pallone d'Oro sul palcoscenico del belpaese che negli anni a venire è diventato poco glamour: era il 2007 quando Ricardo Kakà, prima che cominciasse il duopolio Messi-Ronaldo, trascinava i rossoneri alla vittoria della Champions League e metteva le mani sul trofeo individuale del calcio più prestigioso.

E l'Inter? Dalle mura di Appiano Gentile non è filtrata alcuna dichiarazione spontanea sull'affare del secolo, al massimo qualche risposta sollecitata dalla curiosità, spesso fuori luogo, di alcuni addetti ai lavori dotati di pochissima fantasia. Chiedere ai nuovi arrivati, nel giorno della loro presentazione come giocatori nerazzurri, un punto di vista sull'impatto di Cristiano sul movimento globale nostrano resta di un'utilità rasente allo zero. L'esigenza inesistente del quesito si manifesta nella premessa lampante del campionato che non ha più senso senza nemmeno far alzare il sipario sulla stagione 2018-2019. E' questa la riflessione sottintesa che si porta dietro l'arrivo del più forte dei galacticos nel torneo più prevedibile della galassia dei top europei (l'eccezione dell'anno scorso ha confermato la regola). Se negli ultimi sette anni per le altre contendenti è stato impossibile anche solo insidiare la Juve nella corsa al tricolore, ora con il giocatore più forte del pianeta inserito in una rosa già ultracompetitiva diventa pura utopia anche avere fare pensieri di gloria. E non è vero che l'ex Manchester United e Sporting Lisbona farà da volano per i club che inseguono e che ora hanno perso ulteriore terreno: le operazioni già completate o in cantiere delle big non sono e non saranno fatte in risposta al colpo gobbo dei bianconeri, da sempre più potenti e da qualche anno estremamente più ricchi. Praticamente competitor fuori portata in tutti i sensi.

Ecco che, quindi, il refrain ricorrente di Ronaldo che fa bene a tutto il calcio italiano crolla sulle sue stesse premesse, abbassando per giunta il livello di incertezza sul vincitore finale e, quindi, la spettacolarità di una bagarre sempre più inesistente per il primo posto. Normale, in questo scenario, avere delle reazioni di fronte a questo cambiamento epocale, a questo viaggio in una dimensione nuova; non fa eccezione il mondo interista che, da Massimo Moratti ad Alessandro Antonello, ha espresso a chiare lettere la visione della storia che sarà dCR (dopo Cristiano Ronaldo). L'ex patron, ad esempio, ha fatto i complimenti alla Juve ammettendo nello stesso tempo la rosicata, comunque attenuata dall'ottima campagna acquisti della Beneamata. Che ha lasciato una traccia molto positiva anche nell'amministratore delegato di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, più disposto ad accettare il colpaccio dei grandi rivali: "Credo che l'arrivo di Ronaldo possa creare una maggiore attenzione da parte di tutti verso la Serie A, facendo in modo che anche altre squadre si lancino in una sfida che fa bene a tutto il calcio italiano. Più grandi campioni ci sono, più diritti televisivi ci sono: è una crescita per tutti". Tutti i riflettori, dunque, saranno su Ronaldo, vero padrone della lega: la curiosità nel vedere le sue gesta nel denominato 'campionato più tattico del mondo' è altissima, ma una partita su dieci alla settimana – è già chiaro da oggi - non può salvare l'onore di una competizione depauperata da anni di miopia gestionale dei padroni del giocattolo.

Ecco perché i discorsi su Ronaldo come patrimonio del calcio italiano non hanno nulla a che vedere col il bene comune dello stesso: il portoghese è un capitale del Gioco a cui non può essere attribuita nazionalità, né tantomeno devono confluire sullo stesso giocatore gli oneri di una rinascita dell'intero movimento. L'avvento di Cristiano è unicamente merito della Juve, e forse demerito di chi non ha saputo contrastarne il dominio; i tifosi d'Italia ringraziano, perché potranno ammirare allo stadio cotanto fenomeno e vederlo più da vicino in tv, e i club spalancano finalmente gli occhi, obbligati come sono una volta di più a smettere di fare gli spettatori.

Facile, dunque, inquadrare le posizioni ufficiali prese da Javier Zanetti e Alessandro Antonello, vice presidente e amministratore delegato dell'Inter. Il concetto espresso da entrambi non ammette interpretazioni: per diversi motivi – i due dirigenti hanno fatto intendere tra le righe – l'Inter è molto diversa dalla Juve, club che di fatto partecipa virtualmente a una Lega europea per club; i nerazzurri si sono riaffacciati solo da poco alla finestra per riveder le stelle, ma non possono ancora toccarle con mano. "Però noi siamo l'Inter e dobbiamo portare avanti il nostro progetto”, ha spiegato Antonello. Gli ha fatto eco Pupi: “Perché Ronaldo non all'Inter? Abbiamo altri tipi di obiettivi, siamo contenti con questa campagna acquisti, ci stiamo rinforzando - ha spiegato l'argentino - . L'obiettivo è tornare competitivi già da quest'anno. Tornare in Champions è un punto di partenza".

E' ingiusto paragonare un punto di arrivo con un punto di partenza, a meno di voler provocare una reazione ben precisa per ricreare artificiosamente e mediaticamente la creatura ormai mitologica dal nome 'anti-Juve'. Un titolo tanto pesante quanto deleterio che viene assegnato arbitrariamente dagli addetti ai lavori alla squadra di turno anno dopo anno per creare una suspense che ai giorni d'oggi è ben al di sotto dei minimi storici. Questo si dovrebbe dire: Cristiano Ronaldo non esiste solo per chi fa finta di non vederlo, è il campione necessario per capire i motivi per cui la Juve è diventata irraggiungibile.

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Sezione: Editoriale / Data: Gio 12 luglio 2018 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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