In parte: per alcuni motivi sì, per altri no. E poi c'è un rischio. "L'affare del secolo" che la Juventus sta conducendo per portare a Torino l'uomo dai numeri pazzeschi, l'uomo dei 5 Palloni d'Oro e delle 5 Champions, non è una semplice espressione enfatica giornalistica: è qualcosa di paragonabile all'arrivo di Maradona al Napoli o a quello del Ronaldo brasiliano all'Inter. Perché Cristiano Ronaldo, che ha sì 33 anni e che che costa sì più di 350 milioni, è un'operazione pazzesca. E che, direttamente o indirettamente, riguarda o potrebbe riguardare, l'Inter. C'è innanzitutto un contraccolpo psicologico a cui, per i tifosi, è pressoché impossibile sottrarsi: l'eccellente mercato nerazzurro fatto fin qui, la carica già suonata da Spalletti, i numeri già ottimi dei nuovi abbonati, la consapevolezza che si stia formando una squadra solida, logica e sensata e che in ogni caso risulta già indubbiamente rafforzata rispetto allo scorso anno e, non ultimo, una campagna acquisti che potrebbe portare ulteriori volti nuovi alla Pinetina, rischiano, anche agli occhi dei più intenti a concentrarsi su se stessi, di non avere il medesimo sfarzo, la stessa luce, la stessa forza mediatica e richiamo globale dello sbarco di Cristiano Ronaldo alla Juventus. Chiariamo subito: inevitabile. E chiariamo altrettanto: fare paragoni è insensato e ingiusto ma alcune considerazioni possono essere fatte (tra cui che non essere al centro dell'attenzione può essere un bene perché l'Inter offre il meglio di sé quando è "underdog" ovvero non gode del favore del pronostico, in generale).
Il pensiero primario di coloro che riempiono gli stadi o si piazzano ogni maledetta domenica davanti alla tv è stato semplice: se l'Inter pensava di aver ridotto il gap, l'arrivo del portoghese dimostra che così non sarà. In realtà l'arrivo del portoghese dimostra una cosa più semplice ma sostanziale e indiscutibile: che la Juventus ha raggiunto, grazie ai trionfi degli ultimi sette anni, grazie a quelle finali Champions oggetto di tante ironie, grazie a uno stadio di proprietà, a cessioni dolorose ma intelligenti (da Vidal a Pogba, da Morata a Bonucci) un livello che in Italia è ancora distante per chiunque. Lo si sapeva, l'operazione CR7 ha rinfrescato la memoria a eventuali smemorati o animi rivoluzionari in cerca del colpo di Stato.
E ancora: come scritto nell'editoriale di una settimana fa, l'entusiasmo di luglio e agosto deve far i conti coi rischi dell'estate. Quelli cioè che portano ad abusare della parola scudetto, a mettersi nella scomoda, e prematura, posizione di favorita, di concorrente per il Tricolore. Obiettivo doveroso da un lato per una simile società ma rischioso dopo anni di delusioni e conti in rosso. Perché a vincere ci si abitua piano piano e soprattutto dopo aver creato, di vincente, prima dei risultati la mentalità: l'Inter di Mancini che ricominciò a riempire la bacheca (poi resa unica dal lavoro proseguito da Mourinho) aprì il suo ciclo vincendo una Coppa Italia. Roma non è stata costruita in un giorno. E nemmeno Cristiano Ronaldo è stato comprato in un giorno. Occorre tornare alle vittorie, alla competitività, alla credibilità. Avere una buona base da cui partire è un conto, pensare di esserci arrivati un altro. E questo valeva anche prima che il Real Madrid decidesse di privarsi della sua stella per farla vestire di bianconero. Che alla fine ha l'effetto della sveglia che suona, fastidiosa, ogni mattina per ricordarti che ti devi alzare per andare al lavoro. Ma la tempo stesso non se ne potrebbe fare a meno per fare il proprio cercare di migliorare la propria condizione.
L'affaire Cristiano, inoltre, non serve solo a ricordare la differenza tra sette anni di vittorie e sette anni vissuti in ripiegamento, ma potrebbe portare un rischio che appariva scongiurato: la partenza di Mauro Icardi. Sono ancora freschi di stampa gli articoli in cui si dice che il capitano stia vivendo un'estate tranquilla, senza l'intenzione di andarsene e senza che dal Twitter della consorte siano uscite enigmatiche frasi buone per alimentare i titoloni nel periodo del calciomercato. E alla società non sono, fino ad ora, giunte offerte. Eppure, un Real Madrid col dovere di portare dinnanzi al delirio dei propri esigenti tifosi nomi buoni per farsi una ragione della dipartita di Cristiano, potrebbe rimettere, di nuovo, il proprio mirino esattamente sul numero 9 argentino.
Non ci sono, infatti, solamente Neymar e Mbappé sulla lista di Florentino, che valuta anche un'operazione di straordinaria utilità che porterebbe ad Hazard (giocatore immenso ma nome che poco scalda la platea del Bernabeu) unita a quello di qualche bomber d'Europa. E qui la lista si restringe a Lewandowski, Kane (che però ha rinnovato col Tottenham) e, appunto, Icardi. Col pensiero fisso a quel calendario che mette davanti ancora diversi giorni da qui al 15 luglio, quando ai club stranieri non sarà più concesso bussare in casa Inter con una valigetta contenente 110 milioni freschi freschi. Proprio ora che Icardi lanciava segnali da capitano vero, come le telefonate per dare il benvenuto ai nuovi acquisti e l'assenza di esternazioni, di qualunque tipo, tali da lasciare aperte soluzione diverse alla sua permanenza. Ma di fronte al Real Madrid che chiama, chi può sapere come va a finire? Va detto che la volontà del giocatore è restare e quella dell'Inter di rinnovare con lui ma di nuovo si torna alla stessa domanda: di fronte al Real Madrid che chiama, chi può sapere come va a finire? In fondo basterà attendere una settimana anche se in una settimana di calciomercato abbiamo imparato che si può stravolgere il mondo.
In ogni caso il bello del calcio resta che nessuno è mai vincente in partenza e proprio i Mondiali a cui assistiamo, che stanno segnando un'epoca e illustrano come non mai che i favoriti possono cadere, lo dimostrano: non basta chiamarsi Messi, Ozil, Di Maria, Neymar, Iniesta o... Cristiano Ronaldo. A casa e sconfitto ci puoi tornare comunque se trovi un avversario più bravo, fortunato, tenace. Anche se inferiore, sulla carta. Perché sulla carta non si vince. E Roma non è stata costruita in un giorno. Quindi che i tifosi si si intristiscano il giusto di fronte all'affare del secolo, poi di nuovo a riempire i bordi delle strade percorse dai nerazzurri, come nel video pubblicato da Spalletti. Perché ognuno, di strade, ha la sua e perché il calcio è fatto di cicli. Basta esserne consapevoli.
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