Tre anni fa ero lì, all’hotel Melià,quando l’FC Internazionale passava dalle mani di Massimo Moratti a quelle di Erick Thohir. Un evento storico, si respirava un’aria particolare, un misto tra smarrimento e ottimismo. Ieri mattina ero all’hotel Palazzo Parigi, perché certi appuntamenti non puoi mancarli quando mangi pane e Inter. Per certi tratti ho vissuto un déjà-vu: ambiente extra lusso, abiti e cravatte come se piovesse e tutti, ma proprio tutti i miei colleghi. È stata una conferenza stampa molto interessante, ricca di spunti rispetto a quella con cui Moratti passava il testimone a Thohir. C’erano in effetti molte più domande, molti più dubbi dopo il triennio di gestione dell’indonesiano. E soprattutto, stavolta, non c’era l’ex patron, che dopo una fugace apparizione in mattinata, con tanto di mista da marciapiede a cui raramente si sottrae, si è dileguato senza lasciar traccia.

Questo è stato il vero punto di rottura con il passato e, nonostante il suo nome ricorresse spesso negli interventi dei protagonisti con parole al miele, Massimo Moratti non era presente. Un po' come se mancasse il padrone di casa a fare gli onori. Per fortuna un posto tra i referenti era occupato da Javier Zanetti, oggi vice presidente dell’Inter, domani chissà. Lui sì che trasmette un senso di sicurezza, anche se magari vorrebbe riceverne a sua volta vista la rapidità con cui gli assetti societari sono mutati. Del doman non v’è certezza, vero. Però si può ragionevolmente essere ottimisti, soprattutto dopo le parole che i nuovi/vecchi vertici nerazzurri hanno distribuito nel Q/A di tarda mattinata.

Al di là dell’istituzionalità dell’evento, ho apprezzato il videomessaggio con cui Suning ha voluto chiarire la propria magnificenza finanziaria agli occhi ancora perplessi di parte della stampa/tifoseria. In pochi minuti, sul maxischermo della sala conferenze dell’hotel Palazzo Parigi, una panoramica di tutte le attività svolte in Cina e all’estero e dell’impero costruito da Zhang Jindong nell’arco di 25 anni. Roba da leccarsi i baffi. Penso che non ci sia più alcun dubbio sulla disponibilità economica della nuova proprietà di FC Internazionale, le uniche perplessità potrebbero essere legate alla libertà che le verrà concessa per rinforzare la squadra. Quando Zhang sostiene di voler riportare l’Inter ai vertici della serie A e della Champions League lo fa con estrema convinzione. Basta anche solo ascoltare l’impostazione della sua voce (capirlo per me risulta impossibile) per capire che con lui non si scherza. Le ambizioni sono nobili, le aspettative legittime. Tutto bello, tutto perfetto, anche i 5 trofei del 2010 esposti lateralmente come punto di riferimento per i prossimi obiettivi.

Poi ecco il colpo di scena, che lascia a bocca aperta i presenti: Erick Thohir si lascia sfuggire una pesante conferma sull’arrivo di Gabriel Jesus. Non starò a descrivere le qualità di questo 19enne, Youtube sarebbe più esplicito di me. Preferisco sottolineare come il presidente, che rimarrà tale anche nei prossimi mesi fino a eventuale cambio di rotta, si sia sbottonato senza neanche essere stimolato più di tanto dalla domanda tendenziosa di turno. Avrebbe potuto girarci intorno, aspettare che gli venisse chiesto esplicitamente, ma non l’ha fatto. E il suo tentativo di spegnere il fuoco a una successiva domanda più diretta ha solo messo una pezza, non certo riparato il ‘danno’. A memoria, non ricordo un Thohir così disinvolto in materia di mercato, proprio lui che ‘gli annunci si fanno dopo le firme’. E in quel preciso momento, oltre ad avere una bomba di mercato tra le mani (anticipata dal Corriere dello Sport qualche ora prima, diamo a Cesare quel che è di Cesare), pensi al discorso di Zhang Jindong e al video con cui ha presentato il suo impero e ti rendi conto che qualcosa è davvero cambiata. Alle parole, stavolta, seguiranno davvero i fatti, perché da ieri l’Inter ha la forza economica per dare concretezza alle idee. Uefa permettendo.

Non so se davvero Gabriel Jesus diventerà il Neymar nerazzurro, non so se arriverà uno tra Mimmo Berardi e Antonio Candreva (prioprità al primo, da fonte più che affidabile, anche se l'offerta ancora non c'è), non so come Ausilio accontenterà Mancini dopo aver perso anche il secondo treno direzione Yaya Touré. Però, rispetto a tre anni fa, più dell’ottimismo interrogativo prevale la consapevolezza. Quella di avere le spalle coperte, quella made in China.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 29 giugno 2016 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
vedi letture
Print