Portare a casa una vittoria dopo averla cercata prima timidamente poi con convinzione, amministrandola, rilassandosi e infine rischiando di farsela sfuggire in 5 minuti. È questa la sintesi della partita col Chievo, di una squadra che non sfugge alla sua natura e viene a capo di una trasferta che non è stata diversa da quelle che l’Inter ha affrontato, col medesimo piglio, nel corso di questa stagione. Ha vinto mostrando un calcio che solo quando ha sfruttato venti minuti di intensità è stato convincente e su quello ha speculato colpevolmente, pur avendo ragione di avversari nettamente più deboli.

Il primo tempo è scoraggiante, con l’Inter che si prende i suoi tempi, gira per il campo, prende le misure e si atteggia a squadra già in Champions. Il Chievo subodora la presunzione immotivata e si presenta senza invito verso Handanovic. In 45 minuti l’Inter trema di fronte a Pucciarelli (palo) e Cacciatore ma rintuzza imbastendo trame di gioco come ai brutti tempi. Lentezza esasperante, lanci lunghi, fraseggi inutili e qualche verticalizzazione che una volta su tre produce qualcosa di interessante. Eppure anche l’Inter va vicina al gol ma l’azione in cui Perisic arriva davanti a Sorrentino ( e sbaglia) è viziata da un fuorigioco che il Var avrebbe scovato. Ci va vicino anche Karamoh, ben servito da Rafinha ma il suo tiro da fuori area è debole, pur lambendo il palo. Si vivacchia fino al 45° e si va in dissolvenza con una certa inquietudine, mentre la Lazio vince serenamente 2-0 contro la Samp.

Nel secondo tempo il Chievo torna in campo con cattiveria ma dopo cinque minuti l’Inter mette il naso nell’area avversaria e ottiene il gol con un’ottima giocata di Brozovic che tira in porta e trova Sorrentino che respinge. Sulla ribattuta c’è D’Ambrosio in apparente fuorigioco che dà il pallone a Icardi per il gol. Il Var rileva che l’esterno era perfettamente in linea al momento del tiro e il vantaggio cambia la gara. Il gioco è più fluido, le giocate più rapide e la profondità aumenta, fino a trovare il raddoppio con Perisic, dopo una splendida manovra ispirata da Karamoh e Rafinha. L’Inter entra in modalità da congelamento e amministra lasciando campo ai clivensi ma rischiando pochissimo e strameritando il doppio vantaggio. A cinque dal termine arriva il gol del Chievo dopo una palla persa da Vecino, Skriniar impreparato e Handanovic battuto da Stepinski. Così arrivano i brividi che culminano con il gol del pari sfiorato dai padroni di casa allo scadere. Una vittoria necessaria che restituisce ossigeno e una speranza di raggiungere il quarto posto ma le condizioni di Roma e Lazio appaiono smaglianti e la facilità con cui si sono sbarazzate di Spal e Samp le rende le squadre più in forma del campionato.

Bisogna comunque sempre stare attenti a come si parla, specie dopo una vittoria, perché se parli di qualche dubbio diventi un franco tiratore, un infedele che bestemmia in chiesa e semina il dubbio. Tra tutti i meriti di Spalletti non c’è quello di una certa coerenza nella lettura dei risultati di questa stagione. Parlo da estimatore del tecnico e da convinto assertore di una permanenza prolungata sulla panchina nerazzurra. Eppure rilevo che Spalletti ha sfotticchiato i giornalisti che a inizio stagione accreditavano l’Inter di una dose di fortuna, ha poi sferzato la società sulla necessità di correre ai ripari per l’acquisto di un difensore centrale (Lisandro Lopez) praticamente mai utilizzato una volta arrivato, ha mostrato un certo nervosismo lungo tutto l’inverno, ha analizzato severamente le prestazioni nerazzurre, mostrando apertamente la delusione verso l’atteggiamento della squadra: “Abbiamo un carattere debole” e adesso ha rimesso in moto il sarcasmo verso la stampa che ridimensiona la prestazione nerazzurra.

Tanti, troppi cambiamenti di strategia comunicativa. C’è tuttavia un solco che sta diventando sempre più inaccettabile: se si vince va tutto bene, se si perde va tutto male. La speranza è che la società ragioni diversamente ma è palese che l’Inter spesso giochi tre partite in una, mostrando classe ma anche superficialità, intensità e poi prevedibilità, efficacia ma anche leziosità. Sabato sera c’è la Juventus che con la sconfitta clamorosa in casa con il Napoli verrà a San Siro con l’imperativo di vincere e, nonostante il ko, da favorita. E’ un discorso che vale anche per l’Inter a cui il pareggio serve poco. Conterà tornare ad essere una grande Inter, non una buona, non discreta, non a sprazzi, non solo per venti minuti, non isterica, non velleitaria, non a due facce ma straordinaria per i 90 minuti più recupero. Altrimenti la prossima settimana la sconfitta, anche di misura sarà certa.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 23 aprile 2018 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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