Premessa doverosa: nessuna intenzione di rimangiarsi quanto asserito tempo addietro, anzi il primo avviso dopo la fine del mese di giugno è stato quello di non aspettarsi colpi a raffica, magari con esborsi di quelli importanti, ma di contemplare l’arrivo di elementi funzionali al progetto, perché a sconsigliare le spese in maniera scriteriata, se non bastasse il concetto stesso di mancanza di criterio, dovrebbe intervenire anche quanto accaduto l’estate scorsa, quando il gruppo Suning si è presentato spendendo oltre un centinaio di milioni per giocatori che alla fine non hanno portato i risultati sperati, anzi sono stati solo pretesti per delle diatribe interne ed esterne emerse amaramente sin dalle prime settimane di preparazione e che sono culminate con quello che tutti sappiamo bene. 

Ma a far venire meno la lucidità, oltre al caldo infernale questi giorni, arriva il tornado di nuovi acquisti sull’altra sponda del Naviglio, con un Milan che colleziona in maniera bulimica nuovi giocatori su nuovi giocatori, con l’ultima perla Leonardo Bonucci ad alimentare ulteriormente il clima d’ansia tra la tifoseria nerazzurra, che l’appetito tanto atteso sembra averlo perso correndo anche il rischio di sminuire, per non dire denigrare,  i primi nuovi arrivi che intanto, in questo ritiro di Brunico che quest’oggi giungerà all’atto conclusivo con l’amichevole contro il Norimberga, si stanno già dando molto da fare.

Quando non ci si lascia andare a scatti d’ira ed invettive francamente fuori da ogni contesto, il tifo interista reclama in qualche modo chiarezza: cerca un po’ di conforto, una voce amica, qualcuno che gli spieghi in buona sostanza quelle che sono le vere intenzioni del club nerazzurro chiamato a risollevare le proprie sorti dopo un’annata di macerie. Nonostante la linea preferita dalla dirigenza nerazzurra sia quella del ‘low profile’, del ‘lavorare bene e in silenzio’, in questo senso qualcosa è successo. In primo luogo, con le dichiarazioni di Piero Ausilio che ha sottolineato la bontà della scelta del tecnico Luciano Spalletti e delle intenzioni della proprietà nanchinese, e soprattutto il fatto che in Corso Vittorio Emanuele non hanno alcun tipo di motivo per farsi prendere dall’ansia da mercato.

Ma soprattutto, sono arrivate ieri le fatidiche prime parole italiane ufficiali del nuovo coordinatore dell’area tecnica di Suning Sports Walter Sabatini. Momento topico, considerato il contesto: il momento della sua presentazione ha toccato nelle ore immediatamente antecedenti livelli da proclama di un sovrano, roba da mettersi davanti al televisore con una familiare di Peroni gelata sul tavolinetto apparecchiato e spaghetti in cottura, magari con la speranza che le sue parole riuscissero a sortire effetti simili a quelli del sermone del cardinale Vittorio Gassman nell’episodio ‘Tantum Ergo’ de ‘I Nuovi Mostri’ che riuscì a tranquillizzare e ridare fede ai frequentatori di una chiesetta agitati da un prete contestatore. Ma, tra alcuni siparietti, l’omaggio a Massimo Moratti, la pizzicata a James Pallotta e una pausa sigaretta, ha preferito esprimere in maniera ancora più netta concetti importanti: non c’è niente e nessuno da rassicurare, perché l’Inter è una garanzia in sé; l’Inter non si fa imporre niente da nessuno, soprattutto i prezzi, e non ha bisogno di vendere, semmai decide; vuole giocatori importanti anche se bisogna fare i conti con chi vende; la proprietà non si negherà niente a priori, garantirà anche ingaggi importanti, ma non lascerà spazio ai voli pindarici. Soprattutto, che quanto fatto dal Milan, pur con tutta l’ammirazione del caso, non può rappresentare un modello per l’Inter che parte da presupposti ben diversi. 

Fatta la summa summata dei due discorsi, se ne ricava questa tesi conclusiva: niente, all’Inter, è lasciato al caso. Nessuno in casa nerazzurra intende rimanere con le mani in mano o disattendere quelle che sono le aspettative di tutto un ambiente, uscendo anche allo scoperto sul desiderio Radja Nainggolan pur ammettendo che sarà un’operazione assai complicata.  Per il resto, c’è poco da aggiungere a tutte queste dichiarazioni; semmai si può provare a spiegare in sintesi quelli che sono i punti più oscuri e dare delle risposte di base ai dubbi e alle critiche di chi è ancora inquieto di fronte a questo apparente immobilismo:

- C’è la necessità di rispondere in fretta a quanto sta facendo il Milan. Una fretta che però nessuno, dalle parti di Corso Vittorio Emanuele, avverte. Perché ben consci che il calciomercato non è una competizione olimpica dove se compri di più ti danno la medaglia d’oro e che le situazioni di partenza, ribadite anche da Sabatini, sono chiaramente diverse, con una squadra che a fine luglio, sfidando il CSU Craiova, affronterà il primo impegno ufficiale con il terzo turno preliminare di Europa League che storicamente è stato poco foriero di soddisfazioni, anche sul lungo termine, per i club italiani.

- Dopo i disastri dell’anno scorso, bisogna mandare via tutti. Assunto certamente dettato dai bassi istinti e dall’amarezza dei risultati della stagione appena passata. Ma non bisogna dimenticare che da un lato hanno comprato tanti giocatori ma hanno tenuto ben salda una certezza, vale a dire l’allenatore. E sicuramente in base a quelle che sono state le esigenze tattiche e tecniche dell’allenatore sono arrivati i vari obiettivi, e starà a lui e alla sua bravura assemblare un gruppo radicalmente nuovo con qualche scommessa di pregio. L’Inter partiva comunque da una situazione agli antipodi, perché non dimentichiamoci che quella rosa che ha dato vita ad un’annata nera alla vigilia era indicata come una delle più competitive del torneo. Per questo, si è deciso di partire da un allenatore nuovo, tra i più validi in circolazione, e dargli anche il sacrosanto diritto di valutare all’interno della Summer League, pardon, del ritiro di Brunico, chi a suo dire può dare qualcosa di questi giocatori, soprattutto lavorando intensamente sul piano psicologico, facendo capire loro, a colpi di fischietto o di rimbrotti, che non c’è più margine per sbagliare

- Alla fine, la proprietà non ha più soldi da spendere e/o non vuole farlo. Ipotesi che non si dovrebbe nemmeno commentare, qui ci si limiterà a dire che dopo quanto accaduto la scorsa estate, e turbato anche dalle difficoltà della sua squadra in Cina, evidentemente Zhang Jindong, uno che nell’Inter investe soldi frutto del suo lavoro, da imprenditore navigato quale è calcola quello che è il ‘rischio d’impresa’ nel ponderare gli investimenti sui giocatori, visto che non vuole scivolare sulla stessa buccia di banana per due volte di fila. Per questo motivo, ha scelto un dirigente navigato e scaltro come Walter Sabatini. Poi si può tranquillamente avere qualcosa da ridire sulla ‘way to do’ in generale degli investitori cinesi, evidentemente ancora acerbi per il mondo del calcio e il cui concetto di sport-business appare ancora molto lontano da quello, per fare un esempio, degli statunitensi che in questo settore sono specialisti. Ma impareranno.

- Contano solo i risultati sportivi, dei progetti, del co-marketing e delle sponsorizzazioni ce ne si fa ben poco. Se fossimo ancora fermi a trent’anni fa forse sì, ma oggi il mondo del calcio è radicalmente cambiato e quello che una volta era il tutto oggi è solo la punta dell’iceberg. Ormai a farla da padrone sono i fatturati, le infrastrutture, la stabilità finanziaria e la capacità di generare ricavi in un mondo dove una volta in nome dell’amore per i colori si tolleravano perdite mostruose. La stessa Juventus ha ricominciato a macinare successi anche e soprattutto nel momento in cui ha riorganizzato l’assetto dirigenziale e ha iniziato a contare su un impianto proprio che, volenti o nolenti, è stato il motore che ha generato tutto quello che ne è conseguito. Per cui criticare anche gli sforzi di chi vuole aumentare le capacità finanziarie del club attraverso mirate operazioni che non passino necessariamente dalle plusvalenze per le cessioni e al tempo stesso vuole regalare una nuova immagine internazionale all’Inter è qualcosa di anacronistico.

- Si spende solo per i giovani, mentre i top player vanno altrove. A parte il fatto che il concetto di top player, per quel che riguarda il campionato italiano, va effettivamente ridimensionato, visto che, Champions o non Champions, di veri giocatori di prima classe ormai non ne arrivano più e la Serie A è più che altro diventata il parcheggio dei grandi club esteri che qui dirottano soprattutto seconde scelte, panchinari e giocatori poco considerati o, quando va bene, il passaggio intermedio per talenti provenienti da altri tornei, il vivaio nerazzurro è un fiore all’occhiello dell’intera società e Suning ha subito detto che una percentuale dei propri investimenti sarebbe stata destinata proprio al rafforzamento e al miglioramento della cantera. E se anche fosse solo per portare giovani di prospettiva internazionale, magari pensando a ben figurare in quella Youth League che attende la Primavera di Stefano Vecchi, perché buttarla via?

Insomma, l’estate è ancora lunga e si preannuncia ancora molto calda. Fra poco meno di un mese, a mercato ancora aperto (un male che appare inestirpabile), comincerà il campionato e l’Inter può, vuole, deve uscire dalla nebbia di una apparente navigazione a vista. Si è favoleggiato forse un po’ troppo della famigerata ‘potenza di Suning’, potenza che però si fa fatica ancora a intravedere. Ma mai come in questo caso, sovviene forte un ricordo. Un ricordo di un mega cartellone pubblicitario con il Fenomeno Ronaldo immortalato nel suo gesto di esultanza classico intento a dominare il panorama di Rio de Janeiro. Ci vuole ancora un Ronaldo: non solo nel senso di colpo dei sogni (Angel Di Maria? Qui Sabatini ha giocato un po' con le parole…) ma anche a ricordare il famoso claim che vale tutt’ora, visto che la potenza è nulla, senza controllo. Anche degli istinti. Di tutti. 

E ora, pausa sigaretta. Io non fumo, va bene lo stesso un caffè?
 

Sezione: Editoriale / Data: Sab 15 luglio 2017 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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