Che dio (o chi per lui) salvi il Mondiale di calcio. Un mese frenetico, eccitante, sorprendente, elettrizzante. Di calcio reale, con poco spazio per le chiacchiere e molto per il campo. Giocatori e tattiche al di sopra di tutto il resto, come non accade quasi mai durante la stagione regolare. E quando finisce ci sentiamo tutti un po' più vecchi. E tanto malinconici.

Il Mondiale è pallone vero. Un estremo mix di diversità e uguaglianze. Una potenza enorme che esplode nella bellezza di uno stadio di calcio. I vari stili di gioco – nonostante la globalizzazione tattica – tornano a essere ben visibili, così come le diverse filosofie del tifo e le più svariate forme di assistere a un partita. È una bellezza unica, che ci restituisce la vera essenza di questo magnifico sport. E va salvaguardata a ogni costo.

Dentro a un campionato del mondo c'è tutto. Un Mondiale è composto da tante piccole storie, da tanti protagonisti, che tutti insieme vanno a formare un mosaico spettacolare. Enorme. Solo in un Mondiale possiamo ritrovarci a tifare Corea del Sud, Australia o Iran. Ci sono favole incredibili, storie nascoste: impossibile non rimanerne affascinati se davvero si ama questo sport. È un sentimento potentissimo.

E ci sono le sorprese. Quante sorprese. Nulla è scontato, tutto può accadere. Quello di Russia è stato il Mondiale di Courtois, Hazard, Golovin, Mbappé, Griezmann, Modric, Coutinho e Kane. In parte lo è stato di Cavani, Akinfeev e Cristiano Ronaldo. Di certo non lo è stato di Messi, Neymar, Salah, Iniesta, Eriksen, Milinkovic-Savic, Kroos, Lewandowski e James Rodriguez. È stato il Mondiale delle storie bellissime dell'Iran che ha messo paura a Spagna e Portogallo e del Panama alla sua prima storica partecipazione. Ma ci si ricorderà anche del Giappone eliminato dai belgi dopo una grande partita, del Senegal estromesso per i punti fairplay, della Svezia ammazza-grandi e della Corea del Sud boia dei tedeschi.

Tornando al nerazzurro, è stato il Mondiale di Ivan Perisic e di Marcelo Brozovic. Due elementi forse non troppo compresi dal pubblico italiano e invece rivelatisi di livello assoluto in Russia. Perisic decisivo con gol mai banali e il solito enorme sacrificio; Brozovic illuminante da regista, costringendo Dalic a spostare da quella mattonella un certo Modric.

La loro presenza in finale e il gol di Ivan non fanno altro che confermare una lunga tradizione interista nella massima competizione del football. Una conferma di come l'Inter sia davvero internazionale. E sarà per questo che, pur senza la presenza dell'Italia, ai tifosi nerazzurri questo Mondiale è piaciuto lo stesso.

L'FC Internazionale da sempre fa dell'integrazione dei calciatori (e quindi dei popoli) un proprio vanto. E, in un momento storico come quello attuale, è un dettaglio per nulla scontato. Soprattutto nel nostro malandato Paese. Anche per questo auguriamoci che dio (o chi per lui) salvi il Mondiale di calcio.

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Sezione: Editoriale / Data: Mar 17 luglio 2018 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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