Dopo un avvio di campionato strepitoso con ben 15 punti nelle prime 5 gare giocate, negli ultimi due turni l’Inter ha raccolto appena un punto, frutto della sconfitta al ‘Meazza’ contro la Fiorentina e del pareggio a Genova in casa della Sampdoria. Due stop che lasciano l’amaro in bocca ai tifosi nerazzurri, abituati a una macchina che - se non spettacolare - era sembrata quantomeno solida e vincente.

Tralasciando la gara con la Fiorentina, un passaggio a vuoto difficile da spiegare ma già archiviato, non trovo però giuste alcune critiche riservate alla squadra al termine della gara del ‘Ferraris’. La Sampdoria di Walter Zenga, dopo la debacle di inizio agosto in Europa League, si è ripresa alla grande mostrando, soprattutto in casa, un calcio piacevole e veloce, anche grazie a interpreti che molto bene si prestano a questo tipo di gioco, e vincendo - sino a ieri - tutte le gare giocate davanti al proprio pubblico.

Non era assolutamente semplice ricominciare a fare punti proprio contro i blucerchiati anche alla luce della ‘mazzata’ rimediata appena sette giorni prima per mano di Kalinic e compagni, ma i nerazzurri hanno interpretato la gara con attenzione, riducendo (senza tuttavia annullarle) le amnesie che avevano compromesso già nei primi minuti la gara contro i viola. E’ vero, forse questa Inter non è ancora pronta per vincere lo Scudetto - sono molti gli aspetti su cui deve lavorare Roberto Mancini per dare alla squadra una fisionomia da ‘grande’ -, ma in un campionato così incerto poter guardare dopo 7 giornate ancora tutti - o quasi - dall’alto è un ottimo segnale.

Più volte è stato ribadito dal tecnico marchigiano che il tempo per lavorare sul modulo era stato insufficiente - e in effetti il ritiro di Riscone di Brunico e la tournée in Cina sono serviti ben poco per trovare il giusto assetto e un principio di gioco, dati gli arrivi in extremis di Felipe Melo, Alex Telles, Adem Ljajic e Ivan Perisic -, ma appunto per questo è giusto analizzare l’inizio di campionato con più equilibrio rispetto a quanto fatto dai media, pronti a saltare sul carro alla prima vittoria e a scenderne alla prima avvisaglia di caduta.

Lo stesso equilibrio che è mancato ieri all’Inter in alcune fasi del match, soprattutto nella prima ora di gioco, quando si esponeva troppo ai contropiede doriani alzando eccessivamente il baricentro e abbandonando la difesa a pericolosi 2 contro 2 se non addirittura all'inferiorità numerica. La voglia di recuperar palla e di impostare il proprio gioco è risultata talvolta una trappola per il centrocampo nerazzurro che, anziché fare da schermo alla difesa, si spingeva fin sulla trequarti doriana lasciando grandi buchi in mezzo al campo per le incursioni degli avversari, astuti a sfruttare le ripartenze con il trio Correa-Muriel-Eder anche se piuttosto imprecisi al momento di concludere.

Da apprezzare, allo stesso modo, la reazione dopo la rete dello svantaggio. In tempi diversi - e neanche tanto lontani -, l’Inter si sarebbe disunita e probabilmente avrebbe preso un'imbarcata che, invece, non è arrivata. Anzi, senza entrare nel merito del calcio di rigore non concesso a Manaj - che per qualcuno non c’era in quanto “il calcio è uno sport di contatto”, come se questo permettesse di entrare a forbice su un calciatore in area di rigore restando impunito -, l’Inter questa partita avrebbe anche potuto vincerla negli ultimi minuti e allontanare le ombre che tv, radio e giornali alimentano al primo passo falso, quasi ci sperassero.

Appena due giornate prima, nello stesso stadio, una squadra data dai più come la prima accreditata per lo Scudetto ne era uscita sconfitta per 2-1, mentre il Napoli - gran bella corazzata, a Sarri andava solamente dato il tempo di essere capito e di entrare in empatia con i propri giocatori - non è andato oltre un 2-2 sul proprio campo.
Il punto conquistato ieri pomeriggio acquisisce valore proprio in virtù di questi aspetti, senza voler ricordare che probabilmente nessun critico, opinionista o tifoso avrebbe immaginato di vedere l’Inter seconda in classifica dopo 7 giornate con ben 5 vittorie, un pareggio e una sola sconfitta a bilancio.

E, se le premesse son queste, se così tanto è già cambiato dallo scorso anno - ripeto, in altri tempi si sarebbe presa un’imbarcata e di quelle 5 vittorie probabilmente ne avremmo realizzata al massimo una o due -, non oso immaginare quale via prenderà il nostro percorso quando Mancini avrà dato finalmente la sua impronta a questa squadra dal punto di vista del gioco. A questa Inter, a cui mancava Jovetic - è bene ricordarlo, visto anche come molti altri allenatori si lamentano delle assenze dei propri -, a cui manca il vero Kondogbia, a cui mancano i gol di Icardi e la continuità di Guarin, trovarsi così in alto può fare solo bene.

Tutto, ovviamente, in attesa dell’equilibrio. Quello che manca a troppi opinionisti e giornalisti, di testate più o meno importanti, per i quali quindici giorni fa l’Inter era una squadra da Scudetto e ora da quarto-quinto posto. Mai come quest’anno sarà solo il campo a dire dove può arrivare davvero questa Inter. Soprattutto in un campionato così complicato e indecifrabile, dove le piccole sembrano grandi e le grandi faticano con le piccole.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 06 ottobre 2015 alle 00:00
Autore: Lorenzo Peronaci / Twitter: @lorenzoperonaci
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