Ci siamo, oggi è il giorno di Juventus-Inter. La partita con la P maiuscola, quella che il collega Maurizio Pizzoferrato ha definito con un'intuizione da applausi una sorta di crash test per la squadra nerazzurra. Andare allo Stadium da primi della classe e con due punti di vantaggio sui bianconeri non capita tutti i giorni e questo rappresenta anche una enorme responsabilità: giocarsela  alla pari a prescindere. Ovviamente non mi nascondo dietro a un dito, se alla fine arrivasse un pareggio sarei comunque lieto di restituire al Napoli lo scettro della capolista. Sempre che i partenopei, a occhio in leggerissimo affanno, superino la Fiorentina dell'ex e sempre gentiluomo Stefano Pioli.

Apprestiamoci dunque a vivere un'altra giornata di campionato rivelatrice, in grado di alterare nuovamente gli equilibri al vertice della graduatoria. Inutile girarci intorno: tutti gli occhi degli appassionati, a livello mondiale, saranno rivolti a Juventus-Inter. Non è mai un confronto banale, più che due squadre si sfidano due culture diverse, non solo sportive. Si affrontano due mondi estremamente distanti tra loro, una dicotomia che nella storia del calcio italiano si è acuita anche e soprattutto per faccende extra-campo. Le stesse che taluni continuano a trascinarsi stancamente e anche in modo piuttosto fastidioso, al punto da non riuscire più a farne a meno seppur a distanza di anni e di tanta acqua sotto al mulino. Non torno su quanto accaduto nei giorni scorsi negli studi di JTV perché la questione, spiacevole, si è risolta con delle scuse anche un po' forzate di chi si è preso un eccesso di confidenza. E poi Spalletti ha dato la risposta perfetta ieri in conferenza stampa. Però è la solita punta dell'iceberg utile soprattutto a rinsaldare certi equilibri che vivono e si rafforzano quotidianamente sui giornali, nelle trasmissioni televisive e soprattutto sui social, dove sovente si travalica il senso del pudore in virtù di quell'anonimato su cui bisognerebbe presto intervenire. Meglio andare oltre, perché l'esperienza insegna che pur parlandone non si viene a capo di nulla e la realtà assodata non verrà intaccata da buoni sentimenti, almeno fino a quando una significativa fetta di tifoseria bianconera non riuscirà a mettersi alle spalle il momento più nero della propria storia calcistica senza aggiungere se e ma. Fino ad allora, rassegniamoci alle diatribe auspicando che rimangano entro un recinto di buon gusto e buon senso.

Tornando al campo, lo ammetto candidamente: erano anni che non vivevo così serenamente la vigilia di una Juventus-Inter. Merito della squadra nerazzurra che ci sta regalando certezze assolutamente insperate dopo oltre tre mesi di campionato e che, comunque vada a finire stasera, rimarranno. E guai a chi pensa il contrario. Sono aperto a qualsiasi risultato, ma non do per scontato un'eventuale prima sconfitta. Lo insegna la storia di questo campionato: questa Inter, a sentire i soloni che si spacciano per tifosi interisti, avrebbe dovuto iniziare con zero punti prima della sosta; avrebbe dovuto prendere sonore sberle al San Paolo; avrebbe dovuto rinunciare ai propri sogni di gloria dopo la traversa di Vecino contro il Torino; dovrebbe dimenticare un piazzamento Champions dopo la rete di Caicedo a Genova. Già, l'uso del condizionale è d'obbligo perché il presente è indicativo (chiedo scusa per la licenza grammaticale). Indica infatti che dopo anni di attesa l'Inter non è più una squadra umorale, capace di voli pindarici e depressioni nell'arco di pochi giorni. I giocatori dall'estate scorsa stanno frequentando una scuola di buon senso, cementificando i rapporti nello spogliatoio e guadagnando giorno dopo giorno in termini di autostima, la stessa che negli ultimi tre mesi della scorsa stagione era sprofondata sotto i tacchetti.

Merito indiscusso di un insegnante che sin dal primo giorno ha instaurato un rapporto pieno di fiducia reciproca con i propri alunni, i quali lo stanno ripagando ad ogni esame settimanale. In questa classe non c'è spazio per litigi, gelosie, per chi è bravo ma non si applica. Non si guarda solo al voto personale, ma alla media di tutto il gruppo. Perché a fine anno sarà quella che porterà in dote la gita scolastica nelle principali capitali europee del pallone. Tra tanti bravi studenti, spicca il capoclasse: Mauro Icardi. Inutile ripetere i suoi numeri, ciò che spicca è la capacità di essere leader senza dover alzare la voce, ma partecipando a tutte le attività scolastiche ed extra (vedi gita a Firenze per Rocio Valero o l'immancabile mix di farina e uova per celebrare i compleanni), facendosi trovare sempre in prima fila ad ascoltare la lezione del maestro Spalletti e, se necessario, passando ai compagni più in difficoltà le risposte. Lo ammetto, mai come oggi sono convinto che la fascia da capitano sia sul braccio della persona giusta. Insomma, siamo al cospetto di una classe modello, di quelle che fanno brillare gli occhi. 

Viviamo dunque con serenità questa trasferta, a prescindere da come andrà. Quanto costruito negli ultimi 5 mesi non può essere cancellato da una sconfitta o da una serata storta. Il cammino è ancora lungo, ma finora il programma scolastico è stato perfettamente rispettato e di esami ce ne saranno ancora molti. E indipendentemente da tutto, domani avremo comunque una ragione per compiacerci: essere diversi dagli altri, loro compresi.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 09 dicembre 2017 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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