Insomma, durante il girone d’andata siamo stati in visita a Roma, Napoli e Torino; cinque punti, tre gol fatti, uno subito, azzerati gli attacchi della squadra di Sarri e di quella di Allegri, macchine da gol almeno nel campionato nostrano. Forse all’ombra del Vesuvio abbiamo pure rischiato di vincere e siamo stati più ordinati e determinati, salvataggio sulla linea di Albiol docet. In casa della Juventus si è sofferto maggiormente, ma non scherziamo; sfottò a parte i bianconeri sono vice campioni d’Europa, campioni d’Italia in carica, padroni incontrastati da un lustro del torneo casereccio e con un attacco da paura. Higuain e Marione – il secondo soprattutto – appartengono ad una categoria superiore; due campioni veri, due fuoriclasse. Quaranta e rotte partite segnando almeno un gol nel loro fortino poi arriviamo noi, il Calimero della seria A, piccoli e neri (azzurri), quelli che giocano male, quelli che si, va bene, in fondo è solo culo e prima o poi finirà; niente, si inceppano anche loro, così come era successo a Mertens, Insigne e Callejon qualche settimana prima.

Sarà il solito fattore C, la fortuna, la congiuntura astrale, il sole che entra in Capricorno, Giove in opposizione, la neve, colpa di un disco, giratela come Vi pare. Spalletti, all’ennesima domanda, ha risposto: “Non dobbiamo ringraziare niente e nessuno, siamo lassù con pieno merito ed ogni punto ce lo siamo guadagnato sul campo”. Chiaro no? Che poi questo non piaccia ad alcuni mi pare quantomeno evidente; cercano la pagliuzza nel nostro occhio e non vedono la trave che hanno nel loro. Saremo pure brutti da guardare, come dicono i puristi del pallone non si capisce bene da quale pulpito, però siamo fastidiosi peggio delle zanzare e complicati da affrontare; non infiammiamo i parterre della via Lattea ma stiamo bene in campo, copriamo, i giocatori si aiutano e si sbattono come non ci fosse un domani, il concetto di gruppo è ben presente nella mente di chi porta il nerazzurro sulle spalle in giro per i campi del suolo patrio. Chiunque ci affronti – fatte salve poche eccezioni – ha sempre da dire, da recriminare, da lamentarsi; intanto, godiamocelo questo momento perché erano anni che non stavamo così in alto con questa convinzione interiore, hanno beccato tutti quanti e chi non ha beccato al massimo ha guadagnato un punticino.

Posso capire: era luglio, faceva caldo e si sudava come orsi polari nel deserto, quando molti si riempivano la bocca con le prese in giro sul mercato nerazzurro. Intendiamoci, mica solo gli altri; nonononono…c’erano anche alcuni dei nostri a ciarlare, a menarla, a protestare, a raccontare che ‘sti cinesi perché non tornano a casa loro. Sono rincoglionito, e neanche poco a volte, ma la memoria è una delle cose che ancora mi funziona bene e sono certo di non esagerare raccontando ciò che è stato; un po’ come chi critica ancora oggi Icardi per qualche partita sottotono, tipo sabato sera quando sia Candreva sia Perisic non gli hanno dato un pallone decente che fosse uno - anzi no, uno l’ha avuto e senza a mano galeotta di Benatia forse entrava pure ma, parliamoci chiaro: avessero fischiato un rigore come quello contro di noi mi sarei incazzato come un porcospino in calore – e Borja, pur sfoderando intelligenza calcistica al solito fuori dal comune, non ha mai verticalizzato, preoccupato di girare il pallone alla ricerca del compitino facile piuttosto che provare la giocata magari rischiando la ripartenza avversaria.

Oggi, ne sono certo, alcuni di costoro saranno tra quanti ieri mattina erano incazzati perché a Torino si è deciso di giocare una partita di contenimento, badando a difendersi ancor prima che attaccare; come se, non si sa bene per quale motivazione, l’Inter fosse partita con i favori del pronostico, con una squadra rodata e ben definita da anni, con la pressione di chi ha l’obbligo morale di dover vincere il campionato. Beh, ho una notizia: pochi mesi fa, esattamente sei, otto undicesimi di quelli scesi in campo sabato sera arrivavano settimi in campionato con un ritardo oscillante intorno ai trenta punti, uno più uno meno. Una compagnia di guitti, attori mal riusciti di una programmazione di seconda categoria; perché da questo siamo partiti, non da un secondo posto a ridosso della Juventus e da una Champions che ci ha visti protagonisti fino ai quarti, eliminati da sfortuna e arbitraggi discutibili.

Sabato invece ho apprezzato la dedizione che i ragazzi hanno messo in campo, la loro abnegazione, il loro correre in aiuto del compagno, la loro sofferenza e la capacità di resistere; perfino nei momenti difficili e complicati si cerca il fraseggio, la soluzione pensata, non la reazione da palla in tribuna e viva il parroco. Forse, l’ho sottolineato anche nelle pagelle del post-partita, per una volta non mi sono trovato in linea con le decisioni di Luciano nostro; avrei preferito vedere dall’inizio un centrocampo “pesante”, Gagliardini al posto di Brozovic da contrapporre ai pesi massimi bianconeri, grazie al quale probabilmente avremmo tenuto con maggior tranquillità la linea, senza consegnare agli altri la zona nevralgica del campo, persa dopo una mezz’ora iniziale di ottimo palleggio e assoluta padronanza del pallone. Particolari, sia chiaro, dettati più dalla lettura del giorno dopo, quando tutti saremmo campioni del mondo; e comunque sia ha avuto ragione ancora Spalletti, il deus ex machina di questa squadra. Che, ricordiamo anche un altro piccolo particolare, ha iniziato la stagione con l’idea di lottare nell’ottica del raggiungimento di un posto utile a strappare il pass per l’Europa dei grandi, quella che conta; il tutto – ripetiamo, non va mai e poi mai dimenticato - tra sorrisini e colpetti di gomito anche da parte di espertoni veri o presunti, abbacinati da campagne acquisti di altre parrocchie e poco propensi ad aprire una linea di credito ai colori del cielo e della notte. Che poi, a guardar bene, tanti sono gli stessi che oggi chiedono il quid in più per fare il salto definitivo alla ricerca del tricolore. Ma come, ma non eravamo da sesto/settimo posto?

La strada è corretta, l’atteggiamento pure; dobbiamo continuare a lavorare, senza grilli per la testa e continuando a guardarsi dietro. Nello stesso tempo, però, di tanto in tanto buttare anche l’occhio davanti; il gioco inizia a farsi interessante, senza allargarsi troppo né fare gli sboroni. E senza dar retta alle banalità che provengono da destra e da sinistra. Amatela, sempre. Buon inizio settimana a Voi!

Sezione: Editoriale / Data: Lun 11 dicembre 2017 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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