Sabato sera, dopo la sconfitta con il Sassuolo, l'Inter si sentiva fuori dalla Champions League. Tutto finito. Basta. Stop ai sogni di quarto posto, fine dei giochi. The end. Titoli di coda. Il ko bruciava da pazzi, con quella sensazione di incompiutezza che permeava tutto lo stadio. Un Mezza stracolmo: quasi 70mila persone a spingere i nerazzurri contro un avversario senza obiettivi di classifica. Ma il calcio è così, pieno di sorprese: una punizione beffarda, un destro sotto l'incrocio di chi è mancino e gli incubi diventano reali. Follia. L'ennesimo capitolo amaro del post-Triplete. E a poco servivano le analisi lucide di un'annata nella quale in ogni caso è stata creata una base dalla quale poter ripartire con maggior fiducia e con meno incognite. La delusione era tangibile e non lasciava spazio a nessun pensiero di positività. La razionalità andava a farsi letteralmente benedire.

Poi è arrivata la domenica, con l'Inter e tutti gli interisti che si svegliavano ancora arrabbiati e frustrati per quanto accaduto la sera prima. Poca la voglia di seguire il resto della giornata di Serie A. Pochissime le speranze di vedere una Lazio fermata allo Scida dall'amico Walter Zenga. E quei pochi che ancora nutrivano speranze erano ben presto ammutoliti dal rigore di Lulic. "Ecco, si sapeva: tutto finito", il pensiero comune.

E invece succede che il Crotone ferma la squadra di Simone Inzaghi sul 2-2. Simy e Ceccherini gli eroi calabresi, diventati interisti in un pomeriggio di maggio. Tutto vero: l'Inter ha ancora in mano il proprio destino. Una vera e propria resurrezione, perché il pareggio in terra calabrese cancella totalmente la sconfitta col Sassuolo: anche vincendo, non sarebbe cambiato nulla. Per arrivare in Champions League, quindi, servirà battere proprio la Lazio all'Olimpico. Ultima giornata, ultimo atto. Una finale da giocare in trasferta e con l'avversario che ha a disposizione due risultati su tre.

Ma i ragazzi di Luciano Spalletti dalla loro hanno l'aspetto morale: erano morti, sono ancora vivi. Possono essere artefici del proprio futuro. Uno scenario che era diventato complicato da immaginare dopo il ko con la Juventus che aveva portato a 4 le lunghezze di distanza dal quarto posto. La vittoria di Udine e i pareggi dei laziali con Atalanta e Crotone hanno poi ridotto la distanza a 3 punti: vincere a Roma, appaiare i biancocelesti e superarli n virtù degli scontri diretti. È tutto molto semplice. È tutto lineare. C'è ancora un altro round.

 

“A dire la verità, sai, certe volte un po' di paura ce l'ho, è vero. Quando sono sul ring e quando le prendo. E le braccia mi fanno tanto male che non riesco più ad alzarle... Sì, allora penso: 'Dio, quanto vorrei che mi beccasse sul mento, così non sentirei più niente'. Però poi c'è un'altra parte di me che viene fuori e che non ha tanta paura: C'è un'altra parte di me che non vuole mollare, che vuole fare un altro round. Perché fare un altro round, quando pensi di non farcela, è una cosa che può cambiare tutta la tua vita”. 
Rocky Balboa in 'Rocky IV'

Sezione: Editoriale / Data: Mar 15 maggio 2018 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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