Si sente parlare di fortuna, lentezza, brutto gioco. E poi anche di un Icardi che non segna su azione, di un Perisic assente, di un Candreva che sbaglia troppi cross, di un trequartista che manca, di un Miranda in calo, di un Dalbert per il quale si è speso troppo, di un Gagliardini spento. E ancora: Borja Valero lento, Vecino involuto, D'Ambrosio impacciato, Eder poco utilizzato. Potremmo stare qui per altri tre o quattro editoriali a elencare i difetti dell'Inter evidenziati puntualmente a ogni post-partita. E forse non basterebbero.

Vero, questa squadra è tutt'altro che perfetta. Vero, esistono evidenti lacune nell'organico. Ma l'impressione che si ha è quella di vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto. Che si parli di tifosi o addetti ai lavori, il discorso non cambia: c'è sempre da sottolineare la mancanza, l'errore, la macchia. Eppure quest'Inter così tanto bistrattata è lì, ha portato a casa 19 punti su 21, vincendo a Roma 3-1 e facendo peggio solo del Napoli. Possibile che vada tutto così dannatamente male? Ce l'avrà o no qualche merito questa squadra per trovarsi al secondo posto assieme alla sempre esaltata Juventus?

Nessuno qui ha intenzione di tapparsi gli occhi e prevedere scenari al momento inverosimili: lo scudetto resta un obiettivo lontano dalle attuali possibilità, c'è poco da girarci attorno. Ma non si può nemmeno far finta di nulla e non riconoscere dei meriti a chi finora ha fatto quasi il massimo possibile. E sarebbe corretto e onesto utilizzare gli stessi parametri chirurgici anche per sviscerare i valori dei nerazzurri, e non soltanto i difetti.

All'improvviso, nel Paese del risultato prima di tutto, vincere non basta più. Ma per capire il valore dell'Inter non si può dimenticare tutto il percorso precedente alla gestione attuale. Con intelligenza, Luciano Spalletti ha ricordato gli anni bui dai quali arriva la squadra. Lo ha fatto con garbo, ma anche con sacrosanta puntualità. Oppure qualcuno davvero si aspettava qualcosa di meglio da quanto visto finora? Bastavano Skriniar, Dalbert, Vecino e Borja Valero per tornare a vedere l'Inter del Triplete?

L'Inter non va parametrata sull'optimum calcistico. Bisogna ricordarsi da dove si viene e, in aggiunta, sbirciare anche le concorrenti. Il Napoli, che fin qui ha strameritato tutti gli elogi e il primo posto, in fondo per battere la Spal ha avuto bisogno di un'invenzione di Ghoulam nel finale; la Juventus non sta affatto brillando, specie in difesa; la Roma sta crescendo, ma con l'Inter ha già perso e questo non lo si può colpevolmente cancellare; la Lazio si conferma ad alti livelli, eppure ha 3 punti in meno dei nerazzurri; il Milan soffre e inoltre paga lo scotto delle enormi aspettative.

A parte la Roma con Di Francesco, tutte le dirette rivali hanno mantenuto lo stesso allenatore degli anni precedenti. Un dato non da poco, se a ciò aggiungiamo che – rispetto all'Inter – le altre hanno una mentalità già solida, costruita negli anni e derivante da stagioni positive. I nerazzurri non solo arrivano da campionati mediocri, ma hanno pure un nuovo tecnico. Serve tempo, serve coraggio e serve competenza.

Nel frattempo, i 19 punti sono lì. Perché quest'Inter è quel che è e sarà quel che sarà, ma in panchina ha un allenatore che di calcio ne capisce sicuro. A differenza nostra.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 03 ottobre 2017 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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