Dal “clamoroso al Cibali” al “clamoroso allo Scida”. Dopo 56 anni, quando la grande Inter fu sconfitta contro ogni pronostico per 2-0 sul campo del Catania, domenica questa Inter, meno grande di quella, è caduta nella tana del Crotone. Una debacle che si aggiunge alla sconfitta interna con la Sampdoria e al pareggio di Torino, sponda granata. Cinque mesi di buon lavoro targato Stefano Pioli gettati al vento in 270 minuti, con la squadra attualmente al settimo posto e quindi fuori dall'Europa. Non dalla Champions League a cui si aspirava addirittura con ottimismo prima della trasferta contro il Toro, ma fuori anche dall'Europa League. Il Milan, avversario sabato all'ora di pranzo nel derby, sopra di due punti. Insomma un disastro, maturato in poco tempo, che mette sotto accusa tutti: società, giocatori e allenatore. A Crotone abbiamo assistito ad uno scempio tecnico e caratteriale soprattutto nel primo tempo. L'Inter è scesa in campo (eufemismo) senza la minima voglia di correre, di combattere, di vincere. E se questa voglia ci fosse stata, la questione sarebbe ancora più grave, perchè vorrebbe dire che alcuni giocatori, ritenuti campioni, campioni non sono. Non credo a questa seconda ipotesi, del resto per vincere a Crotone, con tutto il rispetto per la squadra allenata dal bravo Nicola che meriterebbe l'impresa della salvezza, non servivano Pelè e Maradona. Serviva solo giocare a calcio con logica e concentrazione. La sconfitta e ancora di più il modo in cui è maturata, ha giustamente scatenato la rabbia degli splendidi tifosi nerazzurri presenti in massa anche in terra calabrese. L'Inter di domenica li ha traditi dopo averli illusi sul fatto che certi difetti fossero definitivamente cancellati, che finalmente la continuità mentale avesse preso posto alla Pinetina, a prescindere dal risultato nudo e crudo. Perchè si può anche perdere, soprattutto quando sei impegnato in una rincorsa che ti obbliga a vincere sempre, ma non si può sbagliare tutto e in modo così banale come nel primo tempo di Crotone. Non che nella ripresa si sia visto chissà quale dominio, ma almeno per larghi tratti i calabresi sono stati costretti a difendersi. Come sarebbe dovuto avvenire dal primo minuto. Capitolo Pioli. La centrifuga Inter, per dirla alla Trapattoni, sta colpendo anche lui. Arrivato lo scorso 8 novembre per salvare una barca che affondava lentamente a causa della rottura con Mancini e la conseguente avventurosa assunzione di Frank de Boer a pochi giorni dall'inizio del campionato, il tecnico parmense è partito bene e ha continuato a confermare la bontà della scelta sino a tre giornate fa. Si poteva discutere su qualche formazioni iniziale e modulo messo in atto in un paio di partite perse e che invece andavano vinte (con la Lazio in Coppa Italia e con la Roma in campionato, sfide entrambe giocate al Meazza), ma nel complesso Stefano Pioli aveva restituito all'Inter una identità e una consapevolezza dei propri mezzi. Il 7-1 rifilato all'Atalanta non fu solo frutto della precisione al momento di tirare in porta. Quel pomeriggio, di fronte ai 60 mila del Meazza, l'Inter giocò mostrando tutte le sue potenzialità e mettendo frutto il lavoro svolto settimanalmente da Pioli in versione potenziatore. Quanto successo dopo, però, ha fatto crollare certezze e convinzioni e riportato il club a convivere con polemiche e dubbi come nei tempi peggiori. Le esternazioni non proprio benevole verso l'attuale diri genza di Roberto Mancini e Marco Materazzi, due che all'Inter hannno vinto e tanto, non sono passate sotto silenzio. Il direttore sportivo Piero Ausilio ha bacchettato i giocatori dicendo che la prestazione di Crotone non è degna per una squadra di serie A. Parole che hanno sicuramente toccato, tanto che ieri Roberto Gagliardini, presentatosi in conferenza stampa, ha risposto di non essere d'accordo sul giudizio e se tale giudizio fosse invece vero, la squadra dovrà lavorare e tanto per smentirlo. Giovane, ma già con le idee ben chiare l'ex atalantino, guarda caso la sua assenza per infortunio è coincisa con due sconfitte. Tutto sbagliato, tutto da rifare dunque, come diceva il grande Gino Bartali? Il calcio è bello perché dopo le delusioni, anche cocenti, c'è sempre la possibilità di tornare a sorridere. E il sabato prima di Pasqua offre ai tifosi dell'Inter la possibilità di sorridere e tanto visto che si giocherà il derby. Alle 12.30, orario insolito per una stracittadina così importante e famosa. Orario voluto e ottenuto da Suning per permettere la visione della gara a milioni di telespettatori orientali. Tutto bello, tutto giusto, perché se vogliamo nella prossima stagione grandi investimenti e una grande squadra, che sia fatta la volontà della propietà cinese. Ma nello stesso tempo non dimentichiamo che sabato si gioca il derby di Milano. A casa nostra, al Meazza, sito in piazzale Angelo Moratti. Nerazzurri contro rossoneri, bauscia contro casciavit. Stadio esaurito, curve piene di colori e di passione. Il derby, a qualunque ora vada in scena, non va giocato, va vinto. A prescindere dalla classifica. Poi, dopo Pasqua, riprenderemo certi discorsi.
Sezione: Editoriale / Data: Mer 12 aprile 2017 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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