Arcigne e un po' bulle come da tradizione, Inter e Roma paiono totalmente incapaci di tirare indietro la gamba ogni qual volta si incontrano. Se gli anni 2000 ci avevano abituato a sfide maschie e sudate, generose nei gol e nelle tacchettate, questo Inter-Roma ha certo rispettato il copione, senza neanche farsi mancare qualche svarione arbitrale; in più, la sfida di ieri lascia al palato un che di retrò, complici le scelte tattiche dei due tecnici e l'andamento stesso della partita, riassumibile in una serie di duelli che hanno visto prevalere praticamente in ogni caso i giallorossi. Ne è scaturita una gara fisica, non brutta ma senz'altro sporca; soprattutto, però, ne è scaturita una gara che in qualche modo l'Inter aveva già perso in partenza.

TIENI IL TUO UOMO - Mio padre, che ebbe la fortuna di innamorarsi dell'Inter negli anni '60, mi ha svezzato narrandomi come il Mago Herrera avesse preparato la finale di coppa dei Campioni del 1964: di fronte all'incubo del leggendario Real di Puskas e Di Stefano, l'argentino consegnò a ogni titolare una foto del proprio avversario diretto, quasi per incarognire i suoi ragazzi e limitarne i timori reverenziali. Oggi che però la storia è leggenda e i tempi sono quelli che sono, quasi beffardi nel condannare anno dopo anno il mondo nerazzurro a un nuovo giro in purgatorio, Pioli ci ha stranamente riprovato: nella preparazione della gara, infatti, il tecnico emiliano ha deliberatamente optato per la ricerca dell'uno contro uno. D'Ambrosio, come uno sbirro solerte, non aveva occhi che per Salah; Kondogbia tallonava da vicino i polpacci di Strootman e il lillipuziano Medel, manco a dirlo, aveva il compito di tenere Dzeko. Le scelte di Pioli hanno fatto discutere fin dalla diramazione delle formazioni ufficiali e probabilmente lo accompagneranno fino all'estate, insieme alle ombre di Conte e Simeone. La strategia dell'ex Lazio, però, non si è rivelata dannosa soltanto sul piano difensivo, come si temeva alla lettura dei nomi: gli effetti collaterali più marcati si sono infatti riversati sulla produzione offensiva, con un Icardi completamente solo e in balìa della sua scarsa mobilità.

DUELLI IMPARI - Accanto alla discutibile impostazione tattica, però, appare ancor più sbagliato che si sia deciso di affidare il buon esito della partita alla risoluzione positiva di una serie di duelli. Un caso esemplare, e con ripercussioni assai dolorose sulle fortune nerazzurre, è la singolar tenzone intrapresa da Nainggolan e Gagliardini, i due tuttocampisti del match, che per l'intera durata della gara hanno incrociato le spade in ogni angolo del terreno di gioco. Alla luce dei fatti, è evidente che il centrocampista bergamasco non doveva essere costretto a duellare alla pari con quello che è il più atipico e decisivo numero 4 d'Europa. E dire che Gagliardini ha giocato una partita tutt'altro che insufficiente, fornendo la consueta prova di corsa, autorevolezza e personalità: nei momenti cruciali della partita, ogni pallone passava dai suoi piedi. Anche di fronte all'argine che gli opponeva il nerazzurro, però, Nainggolan ha straripato con spensieratezza, riuscendo a rientrare sul destro con una sterzata inumana in occasione del primo gol e, nell'azione che ha condotto alla seconda rete, liberandosi di Gagliardini con una furbizia ai limiti del regolamento. Nel duello tra i due si è purtroppo palesata tutta la distanza che attualmente separa l'Inter dalla Roma: la squadra nerazzurra è verde, speranzosa e ha ottime ragioni per sorridere al mondo; più in là, però, c'è una Roma a denti digrignati, guidata all'arrembaggio da un pirata spietato. Perché anche l'Inter diventi cattiva occorre una forte consapevolezza dei propri limiti, che andrebbero opportunamente celati finché il mercato, o il tempo, non li elimini del tutto; nell'impostazione della gara, quest'aspetto è indubbiamente venuto meno. 

Sezione: Copertina / Data: Lun 27 febbraio 2017 alle 08:15
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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