Nell'ultima settimana - anomala perché mai cosi ricca di appuntamenti e scadenze in serie per i nerazzurri - non c'è stato un uggioso Monday night sardo a condizionare le scelte di guardaroba di tifosi ed appassionati... Anzi, a partire già da MERCOLEDÌ 30 e fino a DOMENICA 3, non c'è stato giorno che non abbia consentito a tutti, per motivi diversi, di indossare gli stessi abiti della festa (fatti salvi, ovviamente, i fisiologici cambi di underwear...). A decorrere giusto dalla vigilia di fine agosto, allorquando - dopo un prolungato conclave bavarese - a Benjamin Pavard è stato finalmente concesso di varcare il soglio pallonaro dell'HD interista. Con i "vaticanisti" nerazzurri che sono stati subito pronti a imporgli il nome di Beniamino I: di nome e di fatto. Ma non ci sarà pericolo alcuno che possa essere confuso con un suo perfetto omonimo, visto che quel prelato era vissuto ben 14 secoli fa, ma soprattutto era venerato da un'altra frangia di tifosi pardon, da una diversa confessione religiosa: quella della Chiesa copta... Forse El Shaarawy e Salah potrebbero averlo appreso da qualche libro di storia dei loro padri egiziani... In ogni caso, la proclamazione pomeridiana di Beniamino Primo era stata in qualche modo anticipata dall'annuncio mattutino del "camerlengo" Jan-Christian Dreesen, in realtà nuovo amministratore delegato del Bayern Monaco. E, visto il sommo incarico, costui non poteva - idealmente, s'intende! - che pronunciarlo in latino (in tanti forse non lo immaginano nemmeno, ma ci sono più retaggi del latino nella lingua tedesca che in altre di ceppo mediterraneo): "Nunzio vobis gaudium magnum: habetis Pavard". Embè, certo, detto dal venditore tedesco: habetis (voi avete), non più habemus (noi abbiamo). Tanto che ora, replicando un famoso inno al Fenomeno (che magari userà clemenza...), verrebbe giusto da intonare: "Oooh, Benjamin Pavard: Benjamin Pavard, ce l'abbiamo noi, sono c***i tuoi". Perdonate la digressione canterina da quel curvaiolo che il sottoscritto non è mai stato...
Come chiosa ad un mercoledì campale non si era avuto nemmeno il tempo per provare ad immaginare cosa avrebbero potuto scrivere l'indomani sul conto dei nerazzurri se - dopo il tradimento allucinogeno di Lukaku, la fulminazione psichedelica di Azpilicueta (sulla via di Madrid), la scelta (solo) orobica di Scamacca e l'effetto stroboscopico della vicenda Samardzic - si fosse dovuto registrare, con Pavard, anche il 5° capitolo avverso di una campagna acquisti con più di un risvolto "ballerino", se non proprio da "disco dance"... Sessione estiva che, in realtà, era partita in pompa magna con le luci sfavillanti delle 2 sottrazioni legalmente consentite e portate a termine ai danni dei dirimpettai già ben indirizzati sulle piste di Thuram e Frattesi. Ed il sopraggiunto mancato arrivo in rossonero anche di Taremi - ché un caso Samardzic può capitare a tutti... - non può finire nel dimenticatoio così a cuor leggero: profumerebbe quasi da 3° scippo... Nel senso: meglio che il giocatore iraniano (valutato anche dai nerazzurri) sia rimasto al Porto piuttosto che essere andato ad ingrossare le fila dei rivali cittadini, accontentatisi - alla fine e dopo trafelata cernita - di uno Jovic del quale si disconosce persino la scelta: 4a, 5a, 6a, o prima punta un tanto al chilo (come surrogato di Giroud)?
A GIOVEDÌ 31 si ricollega invece l'esito tutto sommato benevolo del sorteggio dei gironi eliminatori dell'ultima Champions League a 32 squadre: si era ancora memori del precedente dell'anno scorso, allorché (quasi) tutti etichettarono il girone dei nerazzurri come quello "di ferro" per la presenza di 2 colossi come Bayern e Barcellona (più il Viktoria Plzen). Ed anche nella fattispecie contemporanea è ricorsa la (falsa) solidarietà verso i cugini rossoneri: un "gruppo della morte" può uscire in sorteggio a chiunque e quest'anno è toccato a loro... AMEN! L'abbinamento dei nerazzurri nel gruppo D con Benfica, Salisburgo e Real Sociedad lascia invece presagire un percorso eliminatorio di sicuro meno ostico rispetto a quello dell'edizione scorsa. Ma la diffidenza sui prossimi rivali è sempre virtù apprezzata quando si inizia una nuova campagna europea. Nella serata dello stesso giovedì la Fiorentina - avversario domenicale dei nerazzurri - aveva poi incontrato più difficoltà del previsto per superare gli austriaci del Rapid Vienna nello spareggio di Conference League, trovando il gol qualificazione ai gironi con un rigore decretato solo in prossimità del recupero. Era rimasta in ogni a caso a referto una gara "dura, infinita, sudatissima" (cit. Gazzetta), pertanto con un notevole dispendio di energie psicofisiche (Italiano dixit) a meno di 70 ore dalla sfida contro l'Inter.
Venendo ai fatti "festaioli" in salsa interista di VENERDÌ 1° settembre - sempre per adombrare una certa inclinazione "danzante" della campagna acquisti - i nerazzurri avevano ritenuto opportuno mettere sotto contratto l'"olandese volante". Non foss'altro che per le dinamiche ed i repentini tempi operativi adottati: stupendo tutti con la proposta tecnica di una sorta di Samardzic un po' più agè: un trentenne anziché un ventunenne. Nonché privilegiando, giustamente, la sua versione pedatoria - che, di nome, fa Klaassen - piuttosto di quella radiofonica di un disc jockey diventato famoso negli anni 80-90 (Federico l'Olandese volante): questione di mestiere, ingaggio, ma soprattutto di anagrafe e peso forma diversi... Poi, nella stessa serata del venerdì, non è che ci si aspettasse (ecco spiegato quel "quasi" del titolo) chissà quali vantaggi nerazzurri dalla trasferta capitolina dei rossoneri, opposti ad un avversario giallorosso rivelatosi poco più di uno sparring partner. Privo di gioco, ma soprattutto di "guantoni" affidabili: con Belotti troppo individualista o mal servito, con Abraham, Dybala ed Azmoun a bordo ring (sai che novità!) e con Lukaku subentrato per mera disperazione solo nel finale a frittata già combinata. Per quanto Romelu si sia dimostrato l'unico giallorosso davvero comparabile coi "pugili" rivali, anche se solo per effetto del suo peso fuori categoria... Comunque, di quella sfida, un retaggio pro Inter in ottica derby c'è stato: l'espulsione di Tomori che gli farà saltare per squalifica la stracittadina milanese. Buttala via! Ed immaginare i rivali schierati col duo di centrali difensivi Kjaer/Kalulu-Thiaw non dovrebbe che far aumentare l'appetito alle punte nerazzurre...
Passando a SABATO 2, la speranza di tutti - tranne che dei partenopei, ovvio - era che nell'anticipo serale Napoli-Lazio si manifestasse un rigurgito di dignità capitolina o, meglio, di sarrismo. Col tecnico biancoceleste - presumibilmente conoscitore di un famoso proverbio messicano - voglioso di ispirarsi a Gian Maria Volonté o a Clint Eastwood, diretti da Sergio Leone in "Per un pugno di dollari". Fino al punto di arrivare ad intimare a Rudi Garcia, collega d'oltralpe: "Quando un tecnico con 268 panchine in Serie A incontra un tecnico che ne conta solo 97, l'allenatore che ne vanta meno non può avere scampo...". E così quel "pistola" di Rudi - almeno momentaneamente ed a dispetto dei suoi precedenti favorevoli col collega toscano - non poteva che restare vittima della minaccia del "fuciliere" RAMON Sarri... Con sommo gaudio nerazzurro per la vittoria della Lazio che ha rallentato la corsa del Napoli.
Poi DOMENICA 3 è arrivato finalmente il turno della Beneamata che, dopo il Monza, ospitava a San Siro la Fiorentina, un'altra di quelle 5 squadre che l'anno scorso si erano permesse di violare il Meazza interista. Solo che stavolta i viola hanno incrociato un'Inter indiavolata già prima del derby: un 4-0 che la conferma prima in classifica a punteggio pieno - anche se mal accompagnata... - ma con l'aggiunta del neo capitano Lautaro già capocannoniere solitario e con Sommer che festeggia il suo primo Triplete in nerazzurro, per quanto in miniatura: porta inviolata per la 3a gara consecutiva. Volendo trovare un pelo nell'uovo, bisognerebbe sindacare la maggior propensione di Thuram a procurare assist o rigori per i compagni piuttosto che centrare la porta in autonomia e con più frequenza. Ma per ora può andare bene anche così. Certo poi, per parte toscana, si deve dedurre che il Sig. Bonaventura - quello in carne ed ossa, ma a ricalco di quell'altro dei fumetti - deve aver dimenticato il carnet a Firenze e non ha quindi potuto staccare il suo solito "assegno da un milione"... Quisquilie e pinzillacchere a parte - con le sole 2 milanesi ora appaiate in testa alla classifica ed in vista di un derby che si annuncia a dir poco infuocato - l'interruzione del campionato era il primo evento funesto che ci si ritrovasse a scongiurare. Quasi peggio dell'arrivo delle cavallette o di un meteorite o delle verità su Ustica svelate(?) "solo" con poco meno di mezzo secolo di ritardo...
Giusto, si fa per dire, per lasciar spazio ad una nazionale che è sempre più approcciata come una seccatura, un malcelato fastidio da molti dei suoi attori principali se non dalla stessa utenza peninsulare. E pertanto non si vorrebbe proprio essere nei panni del nuovo Ct Spalletti che avrà i suoi bei grattacapi per (cercare di) ridestare la partecipazione di popolo, da altri definita come "spirito patriottico". A tal punto che - nel paese che è rimasto per lo più quello dei Comuni e dei campanili, per non dire delle richieste montanti di Autonomie (regionali) differenziate... - al buon Lucio forse non basterà sventolare prossimamente un pur suggestivo vessillo tricolore cucito in casa dalla "su' mamma" nel 1970 per celebrare la vittoria dell'Italia contro la Germania Ovest nella semifinale dei mondiali messicani. Forse perché è la bandiera rappresentativa di un paese raccontato come nazione solo ormai sui libri di storia o sulle bocche di qualche politicante new wave...
Orlando Pan
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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