E' sempre molto labile il confine che separa critica e accanimento. Fatto salvo la legittimità di tutte le opinioni espresse con educazione e onestà intellettuale, non possiamo non notare una certa ferocia nel condannare l'operato dell'Inter dopo il pareggio di Bologna. Troppa esaltazione prima, troppa depressione adesso: la recita è sempre la medesima.
L'Inter non era da scudetto prima e non è da rottamare adesso. Vanno tenute in considerazione anche le qualità dell'avversario, perché per esempio il Bologna aveva già fatto tremare Napoli e Fiorentina. E, allo stesso modo, va contestualizzato il discorso: 13 punti in 5 gare, con dentro un 3-1 alla Roma in trasferta e un 3-0 secco alla Fiorentina, non sono esattamente pochi. Specie se ci si ricorda da quale stagione balorda si arriva. La squadra nerazzurra ha cambiato qualcosa in campo e molto in panchina (alla voce allenatore), ma resterà deluso chi si aspettava di cancellare con un mese di campionato gli ultimi anni di buio pesto. Senza queste premesse, qualsiasi disquisizione resta monca.
Il calcio è materia semplice, ma può essere anche piuttosto complessa nelle dinamiche. E allora non si può far finta di niente di fronte a paragoni improbabili. Juventus, Napoli e Roma sono orchestre che suonano insieme da tempo, che hanno valori indiscutibili e che, soprattutto, hanno alle spalle annate di vertice. L'Inter non solo è in costruzione, ma è anche reduce da stagioni colme di mazzate psicologiche. E questo nell'ambiente si avverte, basti pensare che è sufficiente un pareggio stiracchiato a Bologna (quasi mai territorio di semplici scampagnate per chiunque) per far riaffiorare vecchi fantasmi.
La schizofrenia nei giudizi è tipica del voler cercare a tutti i costi risposte frettolose e definitive ove queste non possono essere tali fisiologicamente. Cinque giornate sono troppo poche per qualsiasi tipo di sentenza, tanto positiva quanto negativa. Quantomeno, ci si aspetterebbe un parametro comune nel giudicare tutte le squadre che partecipano al medesimo campionato. La Juventus, il Milan, la Roma, la Lazio e lo stesso Napoli non hanno certamente incantato in tutti i minuti di tutte le gare. Anzi.
I bianconeri hanno stentato nei primi tempi con Cagliari, Genoa e Chievo, mentre con la Fiorentina l'arrabbiatura di Allegri al fischio finale racconta la partita meglio di qualsiasi articolo di giornale. Evitando, peraltro, di addentrarci nella catastrofe del Camp Nou.
Sarri ha avuto serie difficoltà con l'Atalanta, con il Bologna, in Champions e con la Lazio, almeno finché non è arrivata l'ecatombe dei difensori di Inzaghi.
Montella è uscito con le ossa rotte dal primo vero test stagionale – quello dell'Olimpico – e non ha certo incantato con Cagliari, Udinese e Spal.
Di Francesco ha risolto su piazzato a Bergamo, poi il noto ko con i nerazzurri e la magra figura con l'Atletico Madrid in Europa, prima dei facili successi con Hellas Verona e Benevento.
Molto bene Inzaghi in Supercoppa, in Europa League e anche in campionato a parte il mezzo passo falso con la Spal. Resta la sensazione di una rosa non ben equilibrata per affrontare una lunga stagione colma di impegni.
Insomma, a guardar bene, non esistono squadre che al 21 di settembre siano già perfette e ingiocabili. Questo non significa automaticamente che l'Inter arriverà tra le prime quattro, che è tornata squadra di rango e che non ha bisogno di migliorare. Ma è una riflessione che magari può servire a guardare con maggior occhio critico un giochino che spesso, invece, viene decriptato soltanto attraverso codici inadeguati.
Tutti fanno bei sogni e tutti hanno degli incubi. L'importante è ricordarsi dove ci si trova quando gli occhi si aprono.
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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