Il tennis mi piace, anche se non sono un appassionato. Mi ritengo uno di quei tifosi occasionali, e lo dico con un certo imbarazzo, che sintonizzano l’antenna del cervello solo nei momenti clou, come per esempio una finale tra italiane agli US Open. Praticarlo? Neanche ci penso. Non ho tempo e sono piuttosto scarso, lo ammetto. Però so bene che figura tra gli sport ideali per tornare a casa fisicamente integro, salvo problemini muscolari che alla mia età e privo di allenamento sono dietro l’angolo. Contatti con ce ne sono, a rischiare al massimo sono le racchette per eventuali sfoghi incontrollati.
Sposo pertanto pienamente il concetto espresso domenica pomeriggio da Felipe Melo, che commentando il confronto aereo costato a M’Poku la frattura dello zigomo (intervento 'onesto') ha sfoderato una delle sue massime: “Se non vuoi contatti, giochi a tennis”. Apriti cielo. Come se non bastassero gli episodi sul rettangolo di gioco, che evidenziano l’animus pugnandi del brasiliano (vabbé, siamo sorpresi?), ecco che persino le parole vengono strumentalizzate per creare intorno all’ex Galatasaray un’aura di cattiveria oltre i limiti della legalità.
Non mi riferisco a una singola fonte, perché molti organi di informazione/singoli giornalisti sin dal 31 agosto, giorno del suo sbarco a Linate, hanno dato il via a quello che su Twitter sarebbe definito trend topic: “Felipe Melo esagera e l’Inter terminerà molte partite in inferiorità numerica”. Troppo cattivo sul campo, troppo cinico fuori, neanche avesse necessità lui stesso di costruirsi un’immagine negativa. Il suo difetto è parlare senza peli sulla lingua, dicendo delle ovvietà troppo ovvie (mi si permetta il gioco di parole) per i puritani del circo mediatico, scandalizzati da concetti che altrove, per esempio oltre Manica, verrebbero accolti come un inno a questo sport. Perché l’agonismo non è un reato nel giuoco del calcio, lo è quando diventa strumento per colpire volontariamente l’avversario con l’intenzione di fargli del male. E non è il caso di Felipe Melo, che oggettivamente non frena l’istinto quando c’è da randellare, ma lo fa entro i crismi del consentito. Il tutto mentre in giro per l'Europa ultimamente saltano ginocchia, tibie e caviglie.
Non va bene? Allora certi moralismi vengano fatti anche a gente come Nainggolan, Chiellini, De Jong, De Rossi oppure ex come Gattuso, Davids, Montero e chi più ne ha più ne metta. Gente che sul rettangolo di gioco picchia e picchiava duro ma che viene e veniva apostrofata banalmente con l'etichetta di gladiatore o, al massimo, aggressivo. Nessun rinvio a giudizio, insomma. Questa immunità per Felipe Melo non vale, a quanto pare. Il fatto che abbia concluso in campo e non in anticipo sotto la doccia le sue prime due partite con la maglia dell’Inter suona quasi inaccettabile, il fatto che si esprima con tanta disinibizione nel dopo-gara meriterebbe l’apertura di un’inchiesta. Tanto, si dice, gli arbitri prendono nota e alla lunga si fanno influenzare da certe parole (e se fossi membro della categoria mi sentirei profondamente offeso).
Lo dico sinceramente, questo andazzo mediatico non mi piace affatto e, pur a rischio di perdere contenuti giornalisticamente preziosi, non disdegnerei una scelta tagliagambe (è il caso di dirlo) dell’Inter di negare Melo alla stampa. Perché già le sue prestazioni vengono poste sotto la lente di ingrandimento alla ricerca del pelo nell’uovo che possa dar corda ai censori del brasiliano. Pertanto non ha molto senso alimentare questa corrente filosofica anche nei post-partita. Il clima creatosi intorno al brasiliano è pericoloso, perché alla lunga potrebbe tramutarsi in una crociata ai suoi danni e a pagarne le conseguenze sarebbe l’Inter, a mio parere il vero obiettivo del trend topic. Non fossero in testa a punteggio pieno, i nerazzurri probabilmente non godrebbero di tali attenzioni e dal momento che colpire la squadra sarebbe fuori luogo ecco che si va sul singolo, guarda caso uno dei punti di forza di Mancini.
Personalmente non sono sorpreso, quanto piuttosto infastidito. Da un certo punto di vista mi esalta questo clima anti-Inter, significa che la squadra è tornata a far paura come ai bei tempi. Non apprezzo invece la ricerca ostinata e scientifica, quasi stucchevole, dell’imperfezione, a costo di danneggiare il singolo giocatore e presentarlo come un ‘criminale’. Non è giusto nei suoi confronti, prima di tutto, perché poi sarebbe lui a pagarne in prima persona le conseguenze. Sarebbe bello aspettarsi più equilibrio nelle valutazioni di chi dovrebbe, eticamente, ergersi a paladino della verità. Ma credo sia più facile che io vinca un torneo dell’ATP.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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