Ci sono tanti modi giornalistici per paventare la (induzione alla) dipartita tecnica di un calciatore che ha ampiamente deluso le aspettative, specie se dopo un insipido biennio di permanenza in organico. Si allude al Tucumano nerazzurro Correa, non certo a quello ex Udinese (Pereyra), ancora in regime di svincolo. Ed allora, per non scadere nella volgarità più bassa, argomentando solo di un classico accompagnamento alla porta di Joaquin, ma non volendo nemmeno saccheggiare il vocabolario di altri ipocriti eufemismi nostrani, si ricorre più che volentieri ai forestierismi anglosassoni: tipo "exit strategy" e - perché no? - pure "moral suasion". Che fanno tutta la differenza del mondo, volete mettere?! Il destinatario degli stessi, Correa, potrebbe anche uscirne quasi "rinfrancato" da queste pratiche, tanto da essere indotto - previa scrollatina di spalle e sospiro di sollievo - ad esclamare alla fine: "Ah, beh, allora: tutto qua?" Un po' quel che succede a taluni diversamente contribuenti, una volta che sono stati resi edotti degli specifici contenuti di alcune manovre finanziarie. Tipo quelle propinate da certi esecutivi che hanno spacciato, di fatto, un condono fiscale come voluntary disclosure (collaborazione volontaria). Con tutti gli evasori fiscali peninsulari lesti ad abbandonarsi a gozzoviglie e baccanali assortiti per l'ennesimo scampato pericolo...
Ma per carità, non si fraintenda! Nel caso del buon Joaquin si può star certi che il suo rapporto con il fisco e con l'Agenzia delle Entrate nostrana sarà senz'altro specchiato e a prova di commercialista. Ché, se c'è qualcosa(?) che Correa ha davvero eluso beh, non possono che essere state le alte aspettative riposte su di lui da appassionati e tifosi nerazzurri, magari "fuorviati" dal mentore Inzaghi. Col tecnico piacentino che sembra quasi aver dovuto pagare una sorta di tassa alla malasorte di cui sono stati peraltro vittime anche suoi illustri (e scudettati) predecessori nerazzurri: tipo Mourinho con Quaresma, Spalletti con Nainggolan e Conte con Lazaro (ce lo siamo già dimenticati chi l'ha voluto davvero Valentino o ci ricordiamo solo del Lukaku 1.0?). Sulla punta argentina pesa più di tutto, però, un "numero sgradevole" che, tradotto sempre in inglese (unconfortably number), par quasi la parodia pallonara di un brano dell'LP "The Wall" dei Pink Floyd (Confortably numb). Ma più che un numero, trattasi proprio di un coefficiente che farebbe arrossire persino certi algoritmi in dotazione presso dirigenze altrui...
Finora Correa ha siglato in nerazzurro appena 10 gol che, rapportati al costo complessivo del suo cartellino (33,3 mln di €, tra i 6 del prestito iniziale ed i 27,3 del riscatto obbligatorio), hanno pesato per ben più di 3 mln a marcatura. Una cifra a dir poco spropositata. Certo, per incentivare la produttività dell'argentino si sarebbe potuto coinvolgere per tempo il Mister Wolf federale per antonomasia, quello preposto a risolvere problemi... E non a caso ironicamente ribattezzato, fra i suoi molti detrattori, come "l'uomo che sussurra(va) ai patteggiatori" oppure "il salvatore degli straordinari brand altrui". Nel senso, almeno col primo epiteto, che il Robert Redford de noartri avrebbe potuto non solo "suggerire" all'Inter ma pure adottare una qualche soluzione per rimediare alla scarsa prolificità di Correa. Per esempio: conoscendo la predisposizione de el Tucu nerazzurro a segnare quasi solo ai blucerchiati ed alle squadre del Nordest (rispettivamente, 3 gol totali contro la Samp più una doppietta contro il Verona all'esordio in maglia nerazzurra e poi un'altra contro l’Udinese), il "nostro factotum" avrebbe potuto adoperarsi per far rimanere la squadra genovese in Serie A. Oppure riempire per tempo quest'ultima con più compagini provenienti da Veneto, Friuli e Trentino. E tra una promozione d'ufficio di qua, una classifica riscritta di là, uno spareggio pilotato come terza via ed altri magheggi assortiti, tipo un brutale e generico ripescaggio, si sarebbero rivelati tutti espedienti utili da riservare - a scelta ed in un passato recente - a squadre "meritevoli" come magari il Südtirol, il Cittadella, il Chievo o il Venezia. Si scherza di brutto - spero si sia capito - tranne che sul factotum incollato alla sua poltrona...
Rimane, però, l'amara constatazione che ormai nei confronti di Correa - per uscire dall'impasse nerazzurra - resterebbe solo da mettere in atto una cosiddetta "moral suasion". Con un altro presidente - istituzionalmente pratico di quella "materia induttiva", nonché di comprovata fede nerazzurra come il Capo dello Stato - che potrebbe dare suggerimenti utili alla dirigenza interista o metterci idealmente una buona parola per indicare la retta via al Tucu. In tutti i sensi. Pardon, in tutti i Correa...
P.S.: vista l'occasione, non si può non dedicare una breve postilla ai dirimpettai. È bastato infatti lo 0-2 rossonero in casa di un Bologna privato "anzitempo" dell'unico finalizzatore Arnautovic (un cruccio nerazzurro in più, non avendone differito l'ingaggio almeno di una decina di giorni...) per liberare le lingue più garrule ed umettanti che le cavità orali possano ospitare. E per fare una macedonia dei mejo encomi nostrani basta allora mettere insieme solo alcune delle esternazioni raccolte dai media presuntivamente generalisti, ma senza rivelare di questi ultimi - per mera decenza - l'identità: fra le più pudiche, si va da "Sinfonia Milan" a "Bollicine rossonere" all'emblema della castità fatta recensione: "Lampi di talento purissimo" (per l'azione del gol di Pulisic). E si sarebbe solo alla 1a giornata. Ma è risaputo, con licenza scrivendo, che il proverbio reciti: "La lingua batte dove la gente (rossonera) vuole".
Orlando Pan
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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