Dopo giorni di sole, anche inatteso, con temperatura piuttosto gradevole, ecco che domenica sera le minime sono sprofondate, con gelate un po’ ovunque e vento glaciale proveniente dal centro Italia. Che sia arrivato d’un colpo l’inverno? Difficile dirlo, per fortuna in cascina c’è fieno in abbondanza per tirare avanti ancora qualche settimana, qualora le temperature non si alzassero nuovamente. Mai come oggi la metafora dispensata da Roberto Mancini via Twitter dopo il successo sull’Hellas appare appropriata. L’allenatore jesino era consapevole del fatto che la classifica dei nerazzurri, 15 punti in 5 partite, andava al di là delle più rosee aspettative. Non poteva durare in eterno, sarebbe stato eretico crederlo.
Però l’amaro in bocca per com’è andata domenica sera resta, eccome. Vuoi per le aspettative che anche inconsciamente si rafforzano a seguito di un avvio così esaltante, vuoi perché poteva essere davvero l’occasione per fare il vuoto alle proprie spalle, lasciando la prima inseguitrice a 5 punti di distanza e dando una rumorosa sberla psicologica alle altre candidate al vertice. Niente di tutto ciò, per una sera l’Inter è tornata normale, anzi, peggio: è tornata la squadra mal sopportata nella scorsa stagione, quella che si scioglieva come il burro nel microonde al primo accenno di pioggia o vento freddo. Sarebbe facile addossare tutte le responsabilità ad Handanovic (che non le fugge, onestamente, ma questo non lo giustifica) e allo stesso Mancini, ma nessuno dei giocatori scesi in campo lo ha fatto con la solita naturalezza e serenità. Forse il modo in cui è nato il rigore ha svalvolato l’intero gruppo, se non addirittura l’antecedente infortunio muscolare di Jovetic che ha privato il match del giocatore più atteso sponda nerazzurra. Colui a cui fino alla mattina venivano dedicati tutti i titoloni dei giornali.
La causa non conta, a dir la verità. Conta la reazione emotiva della squadra alla prima situazione realmente di difficoltà di questo campionato. Una reazione confusa, impalpabile, carente dal punto di vista tecnico, tattico e psicologico. Quella famosa mentalità su cui Mancio aveva lavorato tutta la scorsa stagione e che sembrava portare finalmente i suoi frutti in questo primo scorcio di torneo. Fino al crollo interno contro la Viola che giustamente mette in discussione anche questo aspetto, giudicato fondamentale per tornare ad alto livello. Inutile girarci intorno a lungo, non ha funzionato proprio nulla e forse questa è una buona notizia, paradossalmente. Perché questa versione dell’Inter è troppo brutta per essere credibile. È una di quelle serate in cui non c’è un episodio che dia una mano. Ma non ha senso recriminare o aggrapparsi a questa giustificazione, perché proprio gli episodi, nelle prime 5 di campionato, hanno portato l’Inter in vetta alla classifica. Fa parte del gioco, bisogna accettare l’imprevedibilità di un pallone che, in quanto sferico, è soggetto a qualunque traiettoria.
In questo momento in casa nerazzurra fa freddo, ma c’è tempo per correre ai ripari. Il fieno in cascina è sufficiente a dare tranquillità, la speranza è che contro i viola sia stato solo un abbassamento termico improvviso ed estemporaneo, privo di qualunque logica meteorologica. Quello sbalzo che ti coglie di sorpresa ma ti mette in guardia in vista dei prossimi giorni, suggerendoti che l’estate è finita ed è consigliabile prepararsi alle future gelate. Che magari arriveranno molto più in là nel tempo. Uno choc salutare, in altre parole. A Genova, domenica prossima, scopriremo se è il caso di fare il cambio di stagione negli armadi di Appiano Gentile. Dopotutto, si può far bene anche con maniche lunghe e scaldamuscoli.
P.S. - Un plauso alla Curva Nord, che al termine dello scatafascio ha intonato cori di sostegno ai giocatori e li ha applauditi al loro appropinquarsi per il saluto finale. Evidentemente non tutti hanno dimenticato rapidamente le prime 5 partite.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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