Ne abbiamo visti tanti. Di solito, il passaggio era all'altra sponda del Naviglio. Ronaldo e Vieri, per dirne due. Invece, lui ha scelto l'altra strada. Quella che porta da Milano a Torino, che fu battuta - per dirne una - da Roberto Boninsegna. Lui è Lucio, un cavaliere supremo del Triplete. Uno di quegli acquisti di cui l'interista va oggettivamente orgoglioso, un capolavoro di Branca. Nell'estate del 2009 vola a Monaco, lo prende per 3 milioni e si assicura un campione, quando il Chelsea ne chiedeva una vagonata per Ricardo Carvalho. Un amore a prima vista, quello tra Lucio e l'Inter. Un tipo tosto, vigile, in mezzo a mille battaglie. Un protagonista fantastico dell'anno più importante della storia, il 2010.

Impossibile non ricordarlo mentre difende da solo la metà campo nerazzurra a Kiev, quando c'è da rimontare la Dinamo con l'impresa che avvierà la cavalcata. Impossibile rimuovere i ruggiti sul volto (e sulle caviglie) di Drogba, roba da leoni veri. Usciva da San Siro con quel "Lucio, Lucio, Lucio" quasi spontaneo. Non un coro, un urlo che veniva dal cuore e passava alle corde vocali. Un eroe. Quasi si teneva per mano con Walter Samuel nel catino del Camp Nou. Mille palloni nell'area, le sue capriole per tirarli più lontano possibile contro centomila catalani. Il Barça e Messi polverizzati, poi la magia di annullare quel Bayern Monaco che l'aveva scaricato, in finale. In mezzo, un campionato e una Coppa Italia monumentali. In mezzo, dei derby giocati a un livello di attenzione mostruosa: con Lucio non si passava, il 3-0 del 2011 era in sua assenza. Mica un caso...

Questo e tanto altro è stato Lucio, un giocatore da amare e odiare alla follia. Non solo amare ma anche odiare, esatto  perché in questi anni le sue cavalcate palla al piede hanno fatto tanta, troppa paura. A Parma l'ultima sfuriata di tutti, la sua crisi di nervi. Il preludio all'addio. Un addio comunque preannunciato come colmo d'affetto, perché Lucio si era guadagnato il cuore degli interisti. Si era guadagnato. Perché adesso ha fatto quel che non doveva.

Lucio ha detto sì alla Juventus, ha impugnato il coltello dalla parte del manico con la sua buonuscita non concessa e ha rescisso per volare a Torino. Oltraggio, tradimento. C'è già chi pregusta Inter-Juventus per una bordata di fischi. In realtà mancano ancora gli ultimissimi dettagli, eppure l'affare è in dirittura d'arrivo. E se tutto dovesse andare in questo verso, l'addio tra Lucio e l'Inter sarebbe veramente molto brutto. Poteva essere la fine di una favola bellissima, che due cavalcate a vuoto non potevano cancellare. La voglia di raccontare un "Julio Cesar, Maicon, Lucio, Samuel..." che non ci passerà. Eppure, sarà diverso. Perché nel narrare alle generazioni future quell'Inter meravigliosa, bella, struggente, vincente, l'interista non dimenticherà quello che sarebbe un tradimento vero e proprio.

Insomma, così no. Dirsi addio così è quanto di peggio. Ma lo ha voluto Lucio. L'Inter ha naturalmente sperato che così non fosse, ma le leggi del mercato hanno imposto che questo dovesse essere lo svolgimento dell'affare. Adesso, che Lucio si goda Torino. Magari sognerà un altro Triplete. Ma l'amore, il sogno, la favola di questi anni a Milano e di quel 2010 in nerazzurro, non glieli restituirà nessuno. Grazie di tutto, Lucio, ma così no. Forse un giorno se ne pentirà. O forse avrà avuto ragione lui. Ma quello che gli ha dato l'Inter, nessuno mai. A meno che non accada l'imponderabile retromarcia, in questi casi non resterebbe che dire buona fortuna... Anzi, no. Non è meritato. Così no.

PS: la maglia dell'Inter sarebbe meglio evitare di baciarla, la prossima volta. Di Zanetti ce n'è uno...

Twitter - @FabRomano21

Sezione: Editoriale / Data: Sab 30 giugno 2012 alle 00:01
Autore: Fabrizio Romano
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