Parma-Inter, minuto 10 della ripresa. Cosa ‘diavolo’ sta facendo?, sento urlare in tribuna tra mille grida di sostenitori sbigottiti come di fronte alla caduta di un gigante. Mi alzo in piedi ma non voglio crederci: stavolta accade davvero. Il gigante Lucio perde palla in quell’istante, regalando il gol che avrebbe segnato difatti le sorti della sfida del Tardini, crocevia fondamentale per la rincorsa nerazzurra alla Champions 2012-2013. Lo stadio gialloblù esplode alla giocata di forza della formica (atomica, va detto) Giovinco, gli interisti rimaniamo ammutoliti, scossi, fra un misto di rabbia e sconcerto. È una, probabilmente la più fresca, delle immagini che mi rimangono in memoria di Lucimar da Silva Ferreira. In arte Lucio.

In arte perché il calcio non è semplicemente uno sport, ma una disciplina che spesso richiede l’estro e il talento del genio. Niente entusiasma più dei numeri dei grandi campioni, quelli che poi incidono il loro nome nella storia di ogni club. Uno come Lucio, insomma, difensore rude, roccioso, quando vuole impenetrabile, elegante e sontuoso nel disimpegno azzeccato. In pochi fra gli attaccanti vorrebbero avere a che fare con lui. Cavallo pazzo come l’hanno definito in molti per le scorribande, un esemplare anarchico dalle molteplici sfaccettature, capace di mandare a segno Maxi Lopez e Jorge Martinez in un lontanissimo tracollo nerazzurro andato in scena a Catania, per poi risorgere e riscattarsi nell’inferno dello Stamford Bridge, quattro giorni dopo, surclassando Drogba in un duello fra titani.

Sembra proprio l’anno degli addii. Abbiamo salutato Cordoba e Orlandoni, valorosi alfieri che hanno onorato fino all’ultimo il patto siglato con la storia nerazzurra. Poi c’è Lucio cavallo pazzo, che quella storia l’ha costruita di partita in partita, con il sudore dei suoi muscoli e qualche rimbrotto dei tifosi. Il boato quando sale palla al piede seguito dalle imprecazioni se sbaglia il tocco è qualcosa che non rivivremo più (ammetto che anche io a Parma ho dovuto contenermi…). Ma il popolo interista in realtà ha sempre amato Lucio, e le emozioni regalateci da un perno di difesa unico nel suo genere; adesso invece è il momento dei saluti. Perché nella sua strada ha sempre scelto di seguire la scia tracciatagli dall’istinto, che dopo tre stagioni gli suggerisce di cambiare campo di battaglia. Forse andrà in Brasile per tuffarsi già nel suo Mondiale, o chissà, farà parte di una grande che va a caccia dei trofei già raggiunti da lui in nerazzurro. Di certo l’Inter ed i suoi tifosi non lo dimenticheranno mai. Addio, Gigante Lucio.

Twitter: @DaniAlfieri

Sezione: Editoriale / Data: Sab 19 maggio 2012 alle 00:01
Autore: Daniele Alfieri
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