Ho visto giocare l’Inter. E a differenza del passato ora le partite le possono vedere tutti. E tutti possono giudicare con più enfasi, maggior pertinenza e notevole sarcasmo le prestazioni di una squadra tanto mal costruita da rendere superfluo il giudizio di partita in partita. Ma mentre nel Paese si scatenano dibattiti che invitano Moratti a spendere o licenziare dirigenti, a Branca di farsi da parte e i giocatori a ritirarsi, mi allontano da questo scempio, dove tutti hanno ragione a essere arrabbiati per la peggiore Inter di sempre (oh yes) nata in un nanosecondo dopo la migliore Inter degli ultimi 40 anni. Mi allontano perché io me la prendo col tifoso interista che va allo stadio. Se ci va. Può darsi sia vero che i tifosi sono tutti uguali, ma io credo più in un tifoso lavorato, levigato e plasmato dalla storia della sua stessa squadra. E il tifoso interista ha un particolare che da sempre mi innervosisce e rende la squadra per cui tifa non certo migliore delle altre.

Il tifoso interista va allo stadio e se la piglia con un giocatore o due. Fischia la prestazione del più debole, del più fragile e lo aggredisce. Vigliaccamente. Vado allo stadio da quando ho 7 anni. Prima partita con mio padre: Inter-Cagliari 4-1. Se non sbaglio i gol furono tutti di Boninsegna e uno di Riva. Poi centinaia di partite allo stadio in condizioni anche proibitive. Tra tutte il ricordo sublime di un Inter-Roma di coppa Italia del 1981 in cui l’Inter partiva da 1-4 rimediato all’Olimpico e rimontò 3-0 Con Beccalossi e Antonelli. C’erano meno di mille persone in tutto lo stadio, mancavano 2 giorni a Natale e c’era neve ovunque. La dimensione epica di quel match divenne tale non solo per la rimonta ma per quelle poche centinaia di tifosi che infreddoliti, in un san Siro mai tanto deserto, incoraggiavano la squadra, divertendosi  a prescindere.

Col tempo invece ho scoperto quanto gli interisti da stadio non siano esattamente così, una buona parte ci va con atteggiamento quasi nichilista. Quando inizia la partita, proprio nel momento più importante i tifosi nello stadio smarriscono il senso di squadra ed entrano in un mondo risentito e barbaro.

Tutti insieme prima del fischio d’inizio, tutti soli (o quasi) dopo. Il neo eletto capro espiatorio ora si chiama Alvarez. Simbolo per il tifoso di una inesistente campagna acquisti. La sua colpa è quella di non essere un campione. E’ lento. Maledettamente lento. E allora l’interista allo stadio che fa? Lo prende di mira. Lo fischia, urla, gli da del somaro e da fondo a tutto il repertorio che da anni manda avanti con soggetti altrettanto in difficoltà.

Con risultati che esso stesso ritiene apprezzabili. “Lo vendono! Abbiamo fatto bene a fischiarlo!”. E’ successo recentemente con Quaresma, prima di lui Recoba, ma avveniva anche con Dalmat, Seedorf, Pirlo, Bergkamp, persino Roberto Carlos.
Si, Roberto Carlos da una buona parte del pubblico fischiato alla prima stagione in Europa, perché attaccava ma non difendeva.
Allo stadio osservavo basito agli insulti che si prendeva e ora sono altrettanto basito quando in radio tutti negano.
I rilievi su ognuno dei giocatori che vi ho indicato e non casualmente, erano anche giusti. Tutti con i piedi buoni ma incapaci, secondo il tifoso dell’epoca, di dare il 100% o giocare con “intelligenza”. Naturalmente il tifoso interista non si è mai sottratto dal fischiare anche altri giocatori. Ma per quelli di talento ha un debole. E soprattutto l’interista, prima di prendersela con la squadra, inizia col singolo. Lo sceglie e lo bersaglia. E questo, palesemente in difficoltà, si perde definitivamente.

Si dirà: ma il tifoso paga e ha diritto di fare quello che vuole. Argomentazione sbagliata. Non si discute questo. Si discute sul fare una cosa contro la sua squadra. E fischiare o urlare e inveire contro il singolo giocatore, a torto o a ragione, nel corso di una partita è un atteggiamento masochista prima e anti interista poi. Il calcio e i calciatori vivono di psicologia, quasi inconsapevolmente. Un allenatore che motiva bene e puoi vincere contro tutto e tutti.

Un giocatore in fiducia che fa dribbling altrimenti mai riusciti. Un pubblico che ti incoraggia anche sullo 0-2 a 10’ dalla fine e che gli avversari temono perché è il dodicesimo uomo in campo fa la differenza. A prescindere da chi indossa la tua maglia. Se e quando il tifoso da stadio nerazzurro intuirà quanto è importante anche lui, in senso negativo e positivo, l’Inter andrà più forte e alcuni giocatori, pur senza essere dei fenomeni regaleranno giocate più sicure e si avrà una squadra migliore. Provare per credere.

Sezione: CALCI E PAROLE / Data: Lun 05 dicembre 2011 alle 18:20
Autore: Lapo De Carlo
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