Il calcio di oggi, si sa, non è avvezzo ai romanticismi. Ma possiamo dire che tutta la vita in generale spesso disprezza tale sentimento. Chi si presta a tale inclinazione viene sovente definito un debole: bisogna essere cinici, vincenti. Punto. Tutto il resto è da mandare al macero. Tutto è rapido, tutto scivola via e non ci si pensa più. Ieri è il passato, quel che conta è solo l'oggi.

Pia illusione. Quel che siamo oggi, deriva da ciò che eravamo ieri. Le contaminazioni temporali non possono essere annullate dallo scoccare dei giri di lancette. Non facciamoci fregare, cerchiamo di ricordare. Ricordare quello che abbiamo vissuto e il percorso che abbiamo fatto per essere dove siamo. Per essere chi siamo. Troppo semplice fermarsi ad annusare il quotidiano. Troppo banale e profondamente ingiusto.

Sentire gli ululati, gli insulti, i fischi indirizzati a Diego Milito mi ha fatto male, mi ha ferito. Quei refoli di disprezzo hanno urtato la mia sensibilità come, spero, quella di tanti che non guardano solo quello che hanno sotto il naso. La serata di Champions è stata un aggrovigliarsi di emozioni per tutti noi che a Milito teniamo, non solo come mero giocatore dell'Inter. No, non l'ho mai conosciuto di persona, ma non mi nascondo e non credo di rivelarmi fragile quando dico che il numero 22 argentino mi ha regalato forse i più bei momenti sportivi da quando sono nato. Lui e tutti gli altri, ovviamente.

Milito è in difficoltà. Sono quasi 18 mesi che è in difficoltà. Dopo la notte magica del 22 maggio 2010, Diego ha inanellato una lunga serie di delusioni e infortuni. La malasorte ci ha messo lo zampino, e i fatalisti hanno avuto modo di pensare che quello che la fortuna dà, la fortuna poi toglie. Io non mi reputo né fatalista, né veggente: quello che so è che nell'Inter, nella mia Inter, c'è un giocatore che soffre. C'è un ragazzo, anzi un uomo, che ce la sta mettendo tutta per venire fuori da una situazione difficile e che ha bisogno dell'apporto di tutti noi. Quando la Nord, dopo l'occasione fallita solo davanti alla porta del Lille, ha cominciato a intonare il coro per lui, ammetto che mi sono lasciato trasportare. Mi sono detto: così bisogna fare! E' così che voglio i miei tifosi per i miei giocatori!

La serata sembrava stregata, una delle tante di questi ultimi mesi. E invece no. Diego Milito l'ha vinta. Ha vinto la sua personale battaglia con sé stesso e solo con lui. A noi interisti, e a tutto il mondo del calcio, Diego Milito non deve dimostrare nulla. Le parole del Bernabeu? Ci sono tanti che negli anni hanno dichiarato amore eterno alla causa nerazzurra, per poi abbandonarla senza vincere nulla e senza metterci l'anima. E se guadagna quello che guadagna, evidentemente se l'è meritato.

Ora vediamo tutto con la lente d'ingrandimento. Ma fra molti anni, molti anni di calcio, Diego Milito sarà ricordato non perché sbagliò un gol con il Lille. No. Sarà ricordato perché solcò in maniera indelebile tutte le tappe dell'anno più bello che una squadra di calcio italiana abbia mai vissuto. Quando soffre un Principe, soffriamo un po' anche tutti noi. Per lui e con lui.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 06 novembre 2011 alle 00:01
Autore: Alessandro Cavasinni
vedi letture
Print