Sabato toccherà quota 519 presenze in Serie A con la maglia nerazzurra. 45.033 minuti, 750 ore nerazzurre passate tra gioie e dolori, follie, giocatori simpatici e antipatici. Il capitano, Javier Zanetti, raggiunge così Beppe Bergomi, dopo 15 anni in maglia interista. L’esordio il 27 agosto 1995, nel corso di Inter-Vicenza: “Non mi dimenticherò mai di quel giorno a San Siro con 60.000 persone. Le avevo viste solo quando avevo giocato contro il Boca. E non erano dalla mia parte”. Il giorno che non scorderà mai: “Il primo scudetto a Siena. Era da un po’ che non piangevo in campo di gioia”. La partita da cancellare: “Il 5 maggio 2002: una sensazione angosciante buttare via, in novanta minuti, un anno di fatiche”. La vigilia che non l’ha fatto dormire: “Quella di Parma nel 2008. Cercavo di dormire ma vedevo le immagini di Inter-Siena”. La volta in cui essere capitano è stato difficile: “E’ stato a Firenze nel 2006. Giacinto Facchetti era morto da 20 giorni e feci scrivere sulla fascia ‘Tu sei quello che un uomo dovrebbe essere. Ci mancherai. Ciao Giacinto’”. La volta che ha preso più botte: “Inter-Juventus del gennaio 1998. Le ho prese e le ho date. La Juve era tostissima, ma alla fine abbiamo fatto pari”. Il gol più bello, suo e di un compagno: “Il mio gol a Verona nel 1996. Palla al piede sino alla linea di fondo e tiro all’incrocio. Ma il gol di Djorkaeff, in rovesciata, è di un’altra categoria”.

Quando il capitano ha riso e ha pianto: “Risi quando West tirò la maglia in faccia a Lucescu. Non riuscii a trattenermi. Piansi quando si fece male Ronaldo a Roma. Il silenzio dell’Olimpico mi fece venire la pelle d’oca”. Quando si è messo le mani nei capelli: “Forse quando Pedroni sbaglia la rimessa laterale e Batistuta va a fare gol”. Lo stadio che mette soggezione:“Il San Paolo, anche se giocare a Napoli mi dà solo emozioni”. L’avversario che lo faceva ammattire: “Nedved: ci siamo affrontati tante volte. Ricordo un Inter-Lazio: novanta minuti di su e giù”. I compagni che gli hanno dato sicurezza: “Ronaldo e Baggio. Davano una sensazione di forza”. Il compagno più matto: “West vince per distacco. Vi racconto due aneddoti: Lippi ferma l’allenamento e dice ‘Taribo accorcia sull’attaccante’. Ripartiamo e Lippi ferma di nuovo e dice ‘Perché non mi ascolti?’ e lui risponde ‘Perché Dio mi ha detto di non accorciare”. L’altra è la seguente: invita me e Zamorano a una delle sue funzioni religiose. Arriviamo alle sette e ci dice: ‘Preghiamo e poi ceniamo’. Abbiamo pregato sino a mezzanotte”.

Il compagno più antipatico: “Sforza: non era antipatico, ma non rideva mai”. Quello con cui non ha legato: “Ballotta. Avevamo due modi di vivere i momenti difficili”. L’allenatore? “Tardelli. C’era un rapporto di giocatore-allenatore. Niente di più: fu l’unico”. E l’arbitro? “Braschi. In Coppa Italia. Espulse Bergomi e Colonesse e io gli dissi ‘Bravo, ma ora basta’. Poi cacciò anche me”. Il compagno che più lo ha aiutato: “Bergomi. Appena arrivato mi approcciò al mondo nerazzurro”. Il talento più sprecato: “Recoba. Un po’ per colpa sua, un po’ per colpa degli allenatori. Ci ha perso solo il calcio”. Lo scherzo più riuscito: “Winter bruciò le scarpe vecchie di Ince che si infuriò. Ma il più bello fu quello di Galante, che a Napoli lanciò fuori dalla finestra dell’albergo un gavettone. Successe un casino”. Cinque facce che tornano in mente: “Mia moglie e i miei figli al secondo gol di Ibra a Parma. Moratti a Siena che aspetta che Atalanta-Roma finisca. Facchetti che, dopo Juve-Inter vinto, ci dice ‘Visto che si può?’. Ronaldo felice dopo un gol in un derby e la faccia di Walter Samuel dopo l’infortunio. Aveva in volto il dolore di chi aveva già capito tutto”.

Cinque immagini indelebili: “Vieira che, dopo il mio gol dell’1-1 con la Roma, prova a inseguirmi e poi desiste subito. Ince che si riscalda tirando cazzotti al punching ball e a torso nudo. Era gennaio. Simoni che a Torino se la prende con Ceccarini, per il rigore non dato a Ronaldo. Nel 2001 avevamo la doccia solare ad Appiano. Noi eravamo abbronzati, gli avversari bianchi e noi che ridevamo come matti. L’ultima è quando andammo a Venezia in traghetto. Ronaldo stava quasi per vomitare, mentre West faceva il turista, facendo filmini”. Quando smetterà sarà la presenza numero…? “Non lo so. Spero, però, di finire a San Siro”.
 

Sezione: In Primo Piano / Data: Ven 14 gennaio 2011 alle 09:15 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alberto Casavecchia
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