Benvenuto, mister. O in altre quattro lingue, come preferisce. Leonardo Nascimento de Araùjo è il nuovo allenatore dell'Inter, lo si apprende intorno alle ore 18.50 dal sito ufficiale quando ormai tutti si apprestavano a preparare il cenone della vigilia senza il minimo pensiero alla panchina nerazzurra, dopo che in mattinata il presidente Moratti aveva garantito che tutto sarebbe avvenuto solo dopo le festività. Il ribaltone avviene invece mentre tutti i regali vengono posizionati sotto l'albero, l'erede della gestione Benitez si chiama Leonardo e batte la debole concorrenza di un Walter Zenga che al presidente non ha mai convinto più di tanto. Una scelta, quella di Leo, che porta con sè inevitabilmente un retrogusto particolarissimo. Una vita al Milan, da giocatore prima, dirigente di altissimo spessore poi - Kakà, Thiago Silva e Pato sono opere sue -, ed infine allenatore senza troppa fortuna, ma che in un freddo pomeriggio si trovò - ricordiamolo - ad un passo dal sorpasso all'Inter salvo poi sbattere su un muro chiamato De Sanctis, contro il Napoli a San Siro. Adesso quella bandiera rossonera è sbarcata a Milano, ed invito tutti a non fare facili ironie su una scelta che può far felici solo per ripicca ai cugini: Leonardo è una persona dallo spessore umano inestimabile, di cultura immensa e dal nome che porta già dietro qualcosa di molto speciale. Anch'esso è parte di quel retrogusto che ci farà vivere un derby più intenso che mai, perché non lo ammetteranno mai, ma i milanisti vivranno un Natale non felicissimo sapendo che un loro simbolo ha detto sì all'Inter.

Pensateci, visto il trascorso in ogni ruolo in rossonero, è un po' come se Luisito Suarez - ovviamente con le dovute proporzioni - fosse sbarcato qualche anno fa sulla sponda milanista. Una frecciata al cuore per chi ha visto nei piedi e nella testa di quello spagnolo l'anima della Grande Inter, quasi la stessa frecciata che subiscono in questo momento i cugini. Ma - lo ribadisco - non è questo ciò che motiva la scelta, bensì lo spessore della persona ma anche dell'allenatore, che alla prima esperienza al Milan ha fatto il possibile con un organico che non valeva nemmeno il 50% di quello che è la squadra rossonera oggi. E adesso l'Inter si lega a Leo, per ripartire dopo una gestione Benitez che aveva straziato il presidente: troppo nitidi i ricordi di quel derby non giocato, di quel pomeriggio quasi da nausea a Verona contro il Chievo, quella passività di Rafa eccessiva, sfociata in uno sfogo troppo tardivo che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Bisogna però mantenere la calma: se Benitez era un allenatore di enorme esperienza, Leonardo è alla seconda avventura da tecnico, dunque non si può usare lo stesso metro di giudizio. Eppure, in quel suo modo di fare e in quel suo stile, c'è sempre stato qualcosa che lo legava all'Inter: un Leonardo che è quasi figura bauscia, il simbolo della 'Milano bene', dell'Inter che si contrappone ai proletari casciavìt rossoneri. In ogni caso, c'è chi come il signor Galliani non riesce a capacitarsi della scelta di Leo: ricordiamogli Vieri, Ronaldo, Ibrahimovic e poi saprà cosa dire. Tralasciando i primi tempi in cui sarà comunque inevitabile parlare del 'milanista che è andato all'Inter', bisogna pensare al concreto perché il club campione del Mondo ha bisogno di ripartire, e non a questi campanilismi ormai inutili. Già, Leonardo adesso è l'Inter, non più il Milan. A mio avviso, dopo una gestione a tratti noiosa - determinate partite erano inguardabili per un'Inter molle e incapace anche di combattere - serviva un uomo fresco, carico e giovane da cui ripartire. Leo è la scelta più giusta, io sono con la società, seppur consapevole che non arriverà tutto subito. Non aspettiamoci miracoli, ma abbiate fiducia: Leonardo e l'Inter, ricominciamo.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 24 dicembre 2010 alle 19:20
Autore: Fabrizio Romano
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