Intervistato dal Guerin Sportivo, il capitano dell'Inter Javier Zanetti ha toccato più momenti della sua carriera nerazzurra e non. Un percorso stupendo quello dell'argentino, che è partito dal racconto proprio del primo giorno da interista: "Lo ricordo alla perfezione. Mi svegliai presto, la società mi mandò a dormire in un hotel di Milano, così mi venne a prendere un autista e mi portò a Cavalese, nel ritiro in Trentino. Ricordo che avevo soltanto una borsa con dentro le scarpe da calcio... Avevo con me, però, più di un milione di sogni. Nessuno mi conosceva, fui io a dover chiedere dove si trovava l'hotel della squadra". A portarlo all'Inter fu Angelillo, che Javier ringrazia ancora: "Mi segnalò quando giocavo al Banfield, poi mi dissero che l'Inter mi aveva comprato e per me era un sogno che si realizzava. Sarò grato ad Angelillo per la vita, il calcio italiano lo vedevo in tv...". Un rapido ricordo per Rambert, l'altro argentino che arrivò con lui a Milano ma senza fortuna: "Ogni tanto ho ripensato anch'io a questo destino: Rambert oggi è assistente di Diaz, gli fa da secondo. Io ho avuto la fortuna di giocare subito e molto, ottenendo la fiducia del tecnico, e adesso sono ancora qui. E ad agosto sono 37 anni!".
Poi si passa a parlare di presente e futuro: "A 37 anni si fa gli allenatori? Io ho ancora un anno di contratto... E poi, vorrei rinnovare per un anno ancora. Spero di non dover fare fatica ad ottenerlo (sorride). Il rapporto con Moratti? Un grande rapporto. E' come se fosse un padre per me, mi ha aiutato quando ero sconosciuto. E poi quando non si vinceva ci è sempre stato vicino, avendo sempre una parola di sostegno per tutti. Sono felice per lui quando penso ai successi che stiamo ottenendo. Cosa farò dopo? Voglio rimanere in società all'Inter. Fare il presidente? No, abbiamo già il migliore". Il discorso verte sugli allenatori: "Se devo sceglierne uno dico Gigi Simoni, il primo che ha costruito un grande gruppo. Con lui abbiamo vissuto la soddisfazione di Parigi con la vittoria della Uefa, la più bella insieme allo scudetto di Parma quando tutta Italia era contro di noi. L'altro tecnico a cui sono legato è Cuper, fece un lavoro fantastico, poi all'Olimpico arrivò il momento più brutto da quando sono qui. Hodgson? Litigammo nella finale famosa di Coppa Uefa, poi ci trovammo bene. Quando tornò poi la seconda volta per salvare l'Inter eravamo in grande sintonia".
Dalle cose belle, a quelle più brutte: Calciopoli, "una figuraccia del calcio italiano in tutto il mondo. Una macchia enorme e mi meraviglio come qualcuno tenti di negare o dimentichi quella vergogna", ed il tecnico con cui ha legato meno, "Marco Tardelli", "perchè la pensava in maniera troppo diversa. Il suo modo di vedere il calcio non c'entrava nulla col mio". Da qui, la clamorosa rivelazione del capitano: "Nel 2000, con Tardelli, è stata l'unica volta in cui ho pensato di lasciare l'Inter. Avevo già un accordo con il Real Madrid ed ero pronto a trasferirmi in Spagna, ma all'ultimo furono le parole di Moratti a convincermi a rimanere". Passando per doveri del giocatore ("Tutti dobbiamo essere al servizio della squadra e dell'allenatore, lo dico sempre ai ragazzini"), e per i litigi con qualche compagno del quale però "preferisco non fare nomi, non è bello", Zanetti passa a Mourinho: "Un tecnico molto valido, che prepara le partite benissimo. Di lui in pubblico colpisce la personalità ed il carattere, ma anche sul campo è bravissimo. E' uno che trasmette, difficile non stargli dietro". Si continua a parlare dell'Inter di oggi, "diversa da quella di Ibra: ora facciamo più possesso palla perchè alle nostre punte piace avere il pallone a terra. In ogni caso, la qualità che è importante sia in campionato che in Champions, c'era anche nell'Inter di Ibra: senza qualità non si vince". Dopo le belle amicizie sottolineate con Cordoba, Zamorano e Baggio, Zanetti elogia Diego Milito: "Un giocatore straordinario, completo, intelligente, umile, che ha una media-gol strepitosa ed è sempre al servizio della squadra".
In conclusione, c'è uno Zanetti romantico, che sogna la Champions League: "Gli obiettivi nostri sono campionato e Champions, non solo quest'ultima. Comunque, vincere in Europa sarebbe bellissimo, perchè il successo manca da tanto ed alzare la Coppa da capitano come fece Picchi anni fa mi piacerebbe tantissimo prima di chiudere". Tanti i parago con Facchetti che lo lusingano. "Giacinto era una persona splendida. Mi fa piacere l'idea di essere accostato a lui perchè è la storia di questo club. Il paragone mi inorgoglisce ancor di più pensando che sono straniero. O, se vuoi, semi-italiano". Infine, i cori della Curva che lo emozionano ancora, così come San Siro: "A distanza di tanti anni quando giochiamo al 'Meazza' ho sempre quella sensazione come di farfalle nella pancia, sentire uno stadio che ti canta 'c'è solo un capitano' è stupendo. Alzo gli occhi, guardo la Curva Nord e capisco quanto hanno dovuto soffire per anni, e sappiamo il perchè. Ma sapevamo, noi e loro, che alla fine il momento sarebbe dovuto arrivare".
Autore: Fabrizio Romano
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